Campano d'origine, nacque a Benevento il 4 Dicembre 1929, si arruolò a 19 anni nel corpo dei Carabinieri; dopo una decina d'anni passati a "farsi le ossa" in varie città del nord Italia chiese ed ottenne di essere trasferito in Sicilia, con il preciso di scopo di dare un contributo contro la criminalità organizzata. Passerà il resto della sua vita a Palermo, distinguendosi per le sue capacità investigative grazie alle quali riuscì a guadagnarsi gli appellativi di "segugio temuto dai boss" e "specialista dei casi più difficili";
E' tutt'oggi ritenuto uno dei pionieri della moderna investigazione antimafia, fece parte insieme a Giuliano Guazzelli e Giuseppe Russo (entrambi assassinati dalla mafia) di una speciale squadra che si occupava nello specifico di delitti di stampo mafioso; vanno menzionati soprattutto per aver lavorato in un clima di isolamento e di sostanziale incomprensione, in un momento storico in cui la mafia non era neppure riconosciuta come organizzazione criminale ed in cui non esistevano ancora gli strumenti legislativi e giudiziari che negli anni a venire consentiranno di infliggere dure sconfitte a Cosa nostra;
La firma sulla sua condanna a morte venne apposta (come accertato in via definitiva) da Tommaso Spadaro, probabilmente a causa di un importante indagine che il Maresciallo aveva svolto tra l'80 e l'81 e che si era conclusa con un esplosivo rapporto, "Savoca più quarantaquattro", all'interno del quale erano individuate le responsabilità ed i loschi affari di personaggi di spicco della mafia dell'epoca, tra i quali proprio Spadaro.
Da quel giorno, a causa delle ripetute minacce gli venne affidata una scorta, revocata però proprio un mese prima dell'agguato, quando Ievolella venne ricoverato per un sospetto tumore allo stomaco, notizia per la quale,si dice, all'Ucciardone (il carcere di Palermo) vennero stappate bottiglie di spumante.
Alla dimissione dall'ospedale la revoca della scorta venne mantenuta,con la giustificazione che la situazione si era ormai tranquillizzata!
Come troppo spesso accade lo Stato non fu in grado di tutelare un suo eroico cittadino, e così la sera del 10 Settembre 1981 Vito Ievolella venne ucciso con 6 colpi d'arma da fuoco mentre aspettava nella sua auto insieme alla moglie la figlia Lucia, impegnata al corso di scuola guida;
Oggi Lucia è membro dell'associazione "parenti vittime di mafia", ed ha fondato l'associazione "Vito Ievolella"
Onorificenze: Medaglia D'oro al Valor Civile
"Addetto a nucleo operativo di Gruppo, pur consapevole dei pericoli cui si esponeva, si impegnava con infaticabile slancio ed assoluta dedizione al dovere in prolungate e difficili indagini - rese ancora più ardue dall'ambiente caratterizzato da tradizionale omertà - che portavano alla individuazione e all'arresto di numerosi e pericolosi aderenti ad organizzazioni mafiose. Proditoriamente fatto segno a colpi d'arma da fuoco in un vile agguato tesogli da quattro malfattori, immolava la vita ai più nobili ideali di giustizia e di grande eroismo"
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