Agente della scorta di Giovanni Falcone, venne ucciso nella strage di Capaci.
Era al volante della prima delle tre Fiat Croma che riaccompagnavano il magistrato, appena atterrato a Punta Raisi da Roma, a Palermo. Al suo fianco stava l'agente scelto Antonio Montinaro, sul sedile posteriore l'agente Rocco Dicillo; Falcone guidava la Croma bianca che li seguiva, sulla quale viaggiava anche la moglie Francesca Morvillo). Nell'esplosione, avvenuta sull'Autostrada A29 all'altezza dello svincolo per Capaci, i tre agenti morirono sul colpo, dato che la loro Croma marrone fu quella investita con più violenza dalla deflagrazione, tanto da essere sbalzata dal manto stradale in un giardino di olivi a più di dieci metri di distanza.
Schifani aveva 27 anni e lasciò la moglie Rosaria Costa, 22 anni e un figlio di appena 4 mesi. Quando, nella camera ardente allestita a Palazzo di Giustizia a Palermo, il presidente del senato Spadolini si avvicinò alla vedova, lei gli disse:
« Presidente, io voglio sentire una sola parola: lo vendicheremo. Se non puoi dirmela, presidente, non voglio sentire nulla, neanche una parola. » |
Le parole che poi Rosaria pronunciò ai funerali del marito, di Falcone, della Morvillo e del resto della scorta fecero presto il giro dei notiziari per la disperazione ma anche lucidità che ne traspariva:
Nel settembre 2007 lo Stadio delle Palme di Palermo è stato a lui intitolato, in quanto, oltre ad essere un agente, Schifani era un promettente atleta, specialista nei 400 metri.
Vito era un atleta del Cus Palermo,ex promessa da juniores, atleta di livello regionale successivamente. Amicone e bravo ragazzo, generoso e un po' matto. Mi tolse dieci anni di vita con una folle corsa in moto sino alla stazione degli autobus per non farmi perdere l'ultima corsa per Agrigento. Quando scesi di sella avevo le gambe molli e la fronte madida di sudore, e al suo sarcastico “U viristi ca ccià fìcimu?” lo mandai a quel paese, toccandomi ripetutamente con l’indice la tempia: “Tu sì foddi, di catina, sparti!”. Era bravo, Vito, faceva il suo lavoro con passione, e quando poteva tornava volentieri in pista per qualche sprint o alcune ripetute sui 200. Il destino gli tese una trappola, secca, senza appello: doveva essere lì, alle Palme, l’indomani, per coprire il classico “buco” in staffetta per la sua società, i Winners, che era poi la seconda squadra del Cus Palermo. Poi all’ultimo momento gli cambiarono il turno, o se lo fece cambiare lui, non ricordo bene e per quale motivo, e finì anche lui con Falcone e gli altri macellato dal tritolo di Capaci. L’indomani, alle Palme, Bartolo Vultaggio, dirigente appassionato che non aveva ancora fondato la Pol. Europa Capaci (che nacque appunto come manifesto di quel popolo non ancora rassegnato ad assistere alla deriva mafiosa della sua storia), con la voce tremante al microfono proferì poche ma significative parole per quel ragazzo come tanti, come noi, che vivevano di cose semplici: il lavoro, la famiglia, una sgambata allo stadio, i 400 metri corsi anche con spiccioli di preparazione ma con la stessa passione di sempre.
(wikipedia e oltregirgenti.blogspot.com)
Medaglia d'oro al valor civile
«Preposto al servizio di scorta del giudice Giovani Falcone, assolveva il proprio compito con alto senso del dovere e serena dedizione, pur consapevole dei rischi personali connessi con la recrudescenza degli attentati contro rappresentanti dell'ordine giudiziario e delle Forze di Polizia. Barbaramente trucidato in un proditorio agguato di stampo mafioso, sacrificava la giovane vita a difesa dello Stato e delle Istituzioni. Palermo, 23 maggio 1992.»
5 agosto 1992
Intervista alla vedova Schifani 15 anni dopo la strage: clicka qui!
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