Antonino e Felicia, il coraggio che non molla!

In questi giorni, a brevissima distanza l’uno dall’altro, si sono celebrati gli anniversari della scomparsa di due stupende e commoventi figure legate alla lotta alla mafia: Antonino Caponnetto (6 Dicembre) e Felicia Bartolotta Impastato (7 Dicembre).
Due figure che hanno in comune molti aspetti, che si sono contraddistinte per il coraggio che li ha caratterizzati…

Antonino era un magistrato. La maggior parte della vita la passò in Toscana, ma il suo sangue era siciliano! La svolta della sua vita avvenne il 29 Luglio 1983, il giorno in cui il Giudice Istruttore di Palermo Rocco Chinnici venne barbaramente ucciso con un autobomba, la prima di una lunga serie…
Caponnetto decise: volle prendere il posto del suo collega assassinato per portare avanti il progetto che egli aveva iniziato. Decise di allontanarsi dalla moglie ed i tre figli, di recarsi nella capitale del potere mafioso, di esporsi in prima persona nella lotta a Cosanostra. Chiese ed ottenne di essere trasferito a Palermo.
Seguendo le orme lasciate dal suo predecessore, e sfruttando l’esperienza di Caselli a Torino nella lotta al terrorismo, Caponnetto diede vita a quello che tutti conoscono come Pool Antimafia: un team di magistrati altamente specializzati che si sarebbe occupato esclusivamente dei reati connessi alla criminalità organizzata siciliana.
Il lavoro di Antonino e dei suoi magnifici ragazzi (Borsellino, Di Lello, Falcone e Guarnotta, insieme a tutto il gruppo di Carabinieri e Poliziotti che lavorava per loro) diede i suoi frutti, fino a portare al famosissimo “Maxiprocesso”.

Lasciò nel 1988, convinto che al suo posto sarebbe stato nominato il suo erede naturale: Giovanni Falcone. Ma non fu così; il CSM promosse Antonino Mieli e quello fu l’inizio del declino.

Caponnetto ritornò a Palermo nel 1992, in occasione dei due terribili attentati in cui persero la vita i suoi “pupilli”. Memorabili furono prima il suo sconforto al cospetto del cadavere dell’amico Paolo (immortalato in questo famoso video), poi la sua bellissima lettera con la quale chiese scusa per le dichiarazioni “a caldo” e rilanciò la sua volontà di continuare la lotta che per anni l’aveva visto protagonista al fianco dei suo fraterni amici…

Da allora, fino a quel 6 Dicembre del 2002 in cui spirò, Caponnetto intraprese un nuovo percorso, che lo portò in numerosissime scuole a parlare ai giovani. A parlare della mafia, dei suoi ragazzi, e dei valori per cui si erano sacrificati…
Antonino Caponnetto fu un grande magistrato, una grande uomo, ed un fantastico educatore. Il suo ricordo resterà indelebile nel cuore di tutti noi…

Felicia Bartolotta Impastato era una donna speciale!
La sua incredibile forza d’animo l’ha sorretta anche nei momenti più bui, fin da quando era solo una ragazzina, da quando cioè decise di rifiutare il matrimonio con l’uomo che, come si usava a quei tempi, suo padre aveva scelto per lei…

Fece una scelta d’amore, anche se lei stessa si rese conto dopo poco che l’uomo con cui aveva deciso di condividere la sua vita era diverso da quello che immaginava. Quell’uomo era Luigi Impastato, insieme a lui avrebbe messo al mondo Peppino…

Felicia Bartolotta non sapeva bene cosa fosse la mafia prima di sposare Luigi, ma ebbe modo di scoprirlo presto: Impastato infatti era un membro del clan di Cinisi, era addirittura cognato di Cesare Manzella, il boss locale prima che una bomba lo facesse saltare per aria… Era inoltre un intimo amico di Gaetano Badalamenti, il successore di Manzella, l’uomo che sarebbe presto diventato uno dei più potenti capi di Cosanostra, prima ovviamente dell’avvento dei Corleonesi.
Felicia a stento tollerava le frequentazioni del marito, e, a differenza di tutte le donne dei mafiosi, si rifiutava di appoggiare il consorte.

Ma fu proprio quando Peppino decise di attivarsi contro la mafia che Felicia dimostrò il suo coraggio: non esitò a prendere le parti del figlio nell’inevitabile diatriba famigliare che si venne a creare.
Nel corso degli anni Felicia diede a Peppino il sostegno di cui necessitava per portare avanti le sue battaglie; cercava di proteggerlo, a volte anche boicottando il suo lavoro, come quando fece il giro del paese per raccogliere tutte le copie del giornale su cui il figlio aveva scritto un pesante articolo contro Badalamenti.

La morte di Peppino fu un duro colpo, ma questo non bastò a fermarla! Da quel giorno scese in prima linea per combattere su due fronti: far chiarezza sulla fine del figlio, e continuare la sua opera: un processo di sensibilizzazione nei confronti della mafia, fondamentale per poterla sconfiggere.
Nel corso degli anni Felicia, Giovanni (il suo secondo figlio), e tutti i compagni di Peppino dovettero ingoiare una lunga serie di bocconi amari, ma niente riuscì a farli desistere… E dopo lunghe battaglie e tanta sofferenza tutti insieme riuscirono ad ottenere la condanna per Badalamenti ed il suo vice, nonchè la constatazione, da parte della Commissione Parlamentare Antimafia, che le indagini sull’omicidio di Peppino furono deliberatamente depistate dalle autorità del tempo…
Delle vittorie importantissime, ottenute le quali Felicia ci ha lasciato.
Ci rimangono però il suo ricordo, e soprattutto il suo esempio di donna coraggiosa, e di mamma eccezionale…

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