Il sindacalista con la schiena dritta che dava fastidio ai mafiosi

Sono passati esattamente 63 anni da quando i corleonesi di Luciano Liggio ammazzarono il segretario della Camera del lavoro di Corleone Placido Rizzotto. Un sindacalista coraggioso e con la passione civile che oggi molti suoi successori hanno perso.

La sera del 10 marzo 1948 Placido Rizzotto non uscì solo dalla Camera del lavoro. Con lui c'erano Vincenzino Benigno e Giuseppe Siragusa. Ma, purtroppo, ciò non impedì che fosse sequestrato ed ucciso, pagando forse ingenuità sue e colpe di altri, come emerge chiaramente dalla ricostruzione di quelle ultime ore. Lasciata la sede della Cgil, intorno alle 21, Rizzotto, in compagnia di Benigno e Siragusa, si fermò in via Bentivegna, all'incrocio con via San Martino, per aspettare il dott. Michele Navarra, col quale (nella sua qualità di medico condotto) il sindacalista doveva prendere accordi per risolvere alcune questioni riguardanti gli elenchi anagrafici dei braccianti agricoli di Ficuzza. Navarra abitava nei pressi, in piazza Sant'Orsola, ma quella sera non passò. Si presentò, invece, Pasquale Criscione. Dopo un poco, Siragusa si congedò dai suoi amici e tornò a casa. Rimasero insieme, quindi, Rizzotto, Benigno e Criscione.
“Questi (il Criscione) cercò di attaccare discorso per cinque minuti - avrebbe raccontato qualche anno dopo Benigno a Danilo Dolci - ma noi non ci si diede conto, non ci persuadeva. Lui continuava a scherzare. Dovevamo fare spesa. Chiedemmo permesso. Venne anche lui. Poi si andò verso casa. Offrì la sua compagnia. Non si potè rifiutarla. Arrivato a casa io entrai, mai pensando cosa poteva succedere: c'era gente intorno da tutte le parti. Loro scesero verso la piazza...”.
Il gruppo dirigente della Camera del lavoro di Corleone era consapevole dei rischi che correva Placido Rizzotto. In quei primi anni del dopoguerra, tanti sindacalisti erano già stati assassinati. L'ultimo a cadere, otto giorni prima, era stato Epifanio Li Puma a Petralia Sottana. Per precauzione, quindi, ogni sera usavano accompagnarlo a casa. Quella sera, però, Giuseppe Siragusa, pur avendo visto avvicinare Criscione, decise ingenuamente di tornare a casa per primo. Benigno accettò di essere accompagnato a casa, lasciando il capolega proprio con quel Criscione, del quale lui stesso avrebbe detto che "non ci persuadeva". Un'altra ingenuità?
Ma proseguiamo con la ricostruzione di quell'ultima sera di Rizzotto.
Accompagnato dal Collura, percorse la via Bentivegna, fino all'angolo della chiesa di San Leonardo, dove l'aspettavano Luciano Liggio e un altro gruppo di mafiosi. Nacque una discussione molto animata, quasi una lite - ci ha raccontato Luca, un testimone oculare oggi ottantenne (La Sicilia, 6 marzo 2005) - a cui Rizzotto tentò di mettere fine urlando “Adesso basta, lasciatemi andare!”. Ma quelli lo presero a forza, facendolo salire sulla 1100 di Liggio, che immediatamente sgommò verso una fattoria di contrada Malvello. Fu in quel posto che Rizzotto, dopo essere stato picchiato a sangue, venne assassinato. Successivamente il suo cadavere fu buttato in una foiba di Rocca Busambra. Al delitto assistette un pastorello di 13 anni, Giuseppe Letizia, che tornò sconvolto in paese, in preda ad una febbre altissima. Ricoverato all’ospedale "Dei Bianchi", fu "curato" con una iniezione letale dal dottor Michele Navarra. Nonostante le denunce de “La Voce della Sicilia” e le manifestazioni di protesta della Cgil e dei partiti di sinistra, nessuno avrebbe mai saputo più niente di Rizzotto, se una ‘gola profonda’ ante litteram, Giovanni Pasqua, relegato nel famigerato carcere dell'Ucciardone, non fosse divenuto improvvisamente loquace, indicando gli assassini del sindacalista in Luciano Liggio, Pasquale Criscione, Vincenzo Collura ed altri. Dopo alcune battute, i carabinieri di Dalla Chiesa riuscirono ad arrestare Pasquale Criscione e Vincenzo Collura, che, il 4 dicembre 1949, interrogati nella caserma di Bisacquino, fecero clamorose rivelazioni. Ammisero, cioè, di aver partecipato al sequestro di Placido Rizzotto, in concorso con Leggio Luciano, che poi avrebbe ucciso la vittima con tre colpi di pistola.
Le numerose prove, le testimonianze e le confessioni (poi ritrattate) non bastarono per far condannare i 3 mafiosi. Come sempre avveniva in quegli anni, infatti, Liggio, Criscione e Collura furono assolti per insufficienza di prove…

Da: Reti-invisibili.net

2 commenti:

  1. Desidero sapere se Michele Navarra aveva un figlia di nome Gaetana (Tanina, Tanuzza, Tania), che sposò un medico di nome Attilio Basile. Tale medico, bravo di suo, ha scalato tutte le vette professionali, diventando un luminare della chirurgia accademica all'università di Catania. E' morto due giorni fà a 102 anni. I suoi figli hanno seguito le orme paterne: sono anch'essi medici e professori d'università. Ma Attilio Basile era veramente genero di Michele Navarra da Corleone?? Questo spiegherebbe tante cose!

    RispondiElimina
  2. Da quanto ho saputo ... credo di sì: Navarra era il suocero di Attilio Basile. Anche il figlio di Genco Russo - da Mussumeili- credo ( e se è vero), è diventato luminare delle chirurgia catanese, il prof Russo. Riscontri non ne ho. Potrebbero anche essere voci calunniose o comunque non veritiere. Potrebbero anche essere parentele e germinazioni di dinastie mafiose tremendamente vere. Non posso dire altro. Chi sa .... parli!! nell'uno o nell'altro senso!!

    RispondiElimina

Qui puoi lasciare il tuo commento...