Carmelo Jannì era all'apparenza un uomo come tanti;
Viveva a Carini, in provincia di Palermo, era un marito fedele ed un padre premuroso...
Un uomo idealista, amava stare tra la gente e seguendo questa vocazione aveva aperto un alberghetto a conduzione familiare, che gestiva con la moglie e qualche dipendente.
Erano gli anni di piombo, gli anni delle guerre di mafia, gli anni in cui i processi ai mafiosi finivano in bolle di sapone per mancanza di prove. C'era una sola regola: il silenzio!
La gente aveva paura, temeva le ritorsioni dei boss e preferiva "farsi i fatti suoi". Erano gli anni dell'omertà!
Ed è in un contesto del genere che bisogna inquadrare la scelta di Carmelo Jannì, l'uomo che decise di collaborare con la Polizia alla cattura di importanti mafiosi.
Certo uno potrebbe pensare che così facendo Jannì stava semplicemente compiendo il proprio dovere civico, ma purtroppo questo tipo di gesto in Italia è terribilmente raro, eccezionale se si considera che è di Palermo che stiamo parlando!
Da qualche giorno nel suo albergo alloggiavano strani tizi francesi.
Si trattava di importanti chimici marsigliesi specializzati nella raffinazione dell'eroina, venuti a Palermo per impartire le proprie conoscenze agli uomini di Cosanostra, e sulle tracce dei quali si trovava da qualche tempo la Polizia.
Gli agenti dell'arma dovevano poter controllare i loro movimenti da vicino, e chiesero a Carmelo Jannì il permesso di infiltrare qualcuno fra il personale dell'albergo. Carmelo sapeva che accettando la proposta di collaborare avrebbe seriamente rischiato di finire nel mirino della mafia, tant'è vero che decise di non dire niente alla sua famiglia di quello che stava accadendo...
Ma con grande senso civico, ed una forte dose di coraggio, decise di accettare.
I poliziotti infiltrati ebbero modo di ascoltare le conversazioni dei chimici marsigliesi, di perquisire le loro stanze, ed accumulare il materiale necessario per programmare l'azione contro Cosanostra...
Dopo giorni di indagini il 24 Agosto 1980 quegli stessi agenti che avevano lavorato sotto copertura parteciparono a volto scoperto al blitz (coordinato da Cassarà e Montana) con il quale un commando fece irruzione in una villa di Trabia (Pa), sede di una raffineria;
L'azione della Polizia permise di arrestare tutti i chimici coinvolti nella raffinazione dell'eroina ed a sorpresa anche un importante boss ricercato, Gerlando Alberti (u paccarè). Grazie alle prove accumulate nell'indagine dopo qualche giorno vennero raggiunti a Marsiglia dalle forze dell'ordine altri 16 trafficanti, il resto della banda...
Purtroppo come ben sappiamo la mafia non tarda mai a reagire contro chi le infligge colpi del genere... Alberti dal carcere diede l'ordine di uccidere l'uomo che con la sua collaborazione aveva influito in maniera decisiva nell'indagine contro i marsigliesi: Carmelo Jannì.
Il 28 Agosto due sicari entrano nell'albergo Riva Smeralda e freddano con due colpi di pistola alla testa ed al torace Jannì, che si trovava nella hall.
Carmelo lasciò la moglie e le tre figlie, di 11, 16 e 18 anni, tutte comprensibilmente incredule e shockate visto che erano state tenute all'oscuro dei fatti avvenuti nei giorni precedenti.
La testimonianza ed il ricordo delle tre figlie sono stati raccolti da Pif nella sua bellissima puntata de "Il testimone" riguardante le vittime di mafia...
E' importante che gesti come quello di Carmelo vengano ricordati!
Jannì è morto perchè scelte come la sua, quella cioè di compiere il proprio dovere, sono troppo rare, e per la mafia è facile compiere ritorsioni se deve farlo contro persone sole ed isolate...
Se ognuno di noi nel suo piccolo facesse la stessa cosa, oggi, forse, vivremmo in un paese diverso...
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