La storia di Giovanni Spampinato ricorda per certi versi quella di Beppe Alfano, con il quale condivide alcuni aspetti comuni:
entrambi erano giornalisti "improvvisati" (Beppe era un professore di tecnica alle medie, Giovanni era invece arrivato ad un passo dalla laurea in filosofia), entrambi vivevano in città che tutti ritenevano lontane dal mondo mafioso, entrambi avevano approfondito inchieste su gruppi eversivi di stampo massonico; purtroppo i due hanno condiviso anche la tragica fine della loro storia, entrambi uccisi a colpi di pistola seduti al volante della propria auto...
Giovanni Spampinato nacque a Ragusa il 6 Novembre del '46, da una famiglia di antifascisti convinti. Le credenze politiche dei genitori diedero una grossa impronta al carattere di Giovanni, che fin dall'età di 17 anni mostrò grande coinvolgimento nella lotta contro la destra eversiva, proponendosi in prima persona nelle varie iniziative intraprese dai suoi amici-compagni. Era un ragazzo che amava darsi da fare, oltre a partecipare alle lotte studentesche degli anni '60, diede un grosso contributo in Belice nei soccorsi post-terremoto, e si rendeva disponibile anche per vari gruppi religiosi;
Amava leggere, tenersi informato, e questa sua passione non poteva che condurlo al mondo del giornalismo...
Fu così che nel 1969, a pochi esami dal conseguimento della laurea in Filosofia, venne arruolato come corrispondente de "L'Ora" di Palermo, distinguendosi per le sue inchieste sui sindacati, ma soprattutto per quelle sul mondo dei movimenti neofascisti, dei quali si appassionò mettendo in mostra la sua stoffa di cronista. Non passò molto tempo prima che anche un giornale importante come "L'Unità" gli affidasse un incarico fisso;
Grazie alle sue doti ed alla sua caparbietà Giovanni riuscì ad addentrarsi nelle trame nere che in quegli anni si addensavano a Ragusa, la provincia considerata "babba" nella quale in breve tempo si instaurò un pericoloso connubio tra mafia e neofascisti (pare che proprio nella provincia ragusana si nascondessero gli autori della strage di Piazza Fontana);
In questo contesto Spampinato si ritrovò a dover affrontare l'omicidio dell'ingegnere Angelo Tumino, un caso ancora oggi poco chiaro...
Giovanni ipotizzò che quest'ultimo, un uomo benestante amante della bella vita si fosse lasciato coinvolgere in un giro di traffici senza conoscere la reale natura del gruppo con cui si era legato, e che, una volta resosi conto di essere entrato a far parte di un mondo troppo pericoloso, avesse cercato di uscirne, pagando con la vita. Le inchieste di Giovanni lo condussero ad un personaggio di spicco della società ragusana: quel Roberto Campria figlio di Saverio, presidente del tribunale di Ragusa; Erano molti gli indizi che conducevano al rampollo del giudice, ma le indagini furono incredibilmente (o forse sarebbe meglio dire volutamente, come avrebbe poi ammesso lo stesso Saverio Cambria) lente ed inadeguate; Spampinato però non aveva nessuna intenzione di arrendersi, e proseguì con la sua inchiesta, concentrandosi su Campria figlio e sul mondo dell'eversione nera, che riteneva essere il fulcro di tutta la vicenda. Come spesso avviene in questi casi iniziarono le minacce, ma Giovanni pur rendendosi conto di aver a che fare con personaggi terribili non si fece intimorire; Aveva 27 anni, era praticamente un ragazzo, ma era orgoglioso e coraggioso!
Il 27 Ottobre 72, otto mesi esatti dopo l'omicidio Tumino, Roberto Campria intercettò Giovanni e lo fulminò con una serie di colpi di pistola mentre si trovava al volante della sua auto. Per non sbagliare utilizzò addirittura 2 pistole, comprate appositamente qualche settimana prima. Campria si costituì immediatamente dopo il delitto.
I mandanti di quell'omicidio sono rimasti ignoti, e solo da pochi anni alla figura di Giovanni Spampinato è stata data la dignità ed il valore che meriterebbe:
nel 2007 è stato insignito dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano del premio Saint Vincent per il giornalismo alla memoria.
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