Rosario Livatino

 Le poche persone che conoscono la sua storia lo ricordano come “il giudice ragazzino”, un soprannome con il quale era stato con disprezzo etichettato dall’allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga.

Rosario Livatino però non era affatto un pivello, e nonostante la sua giovane età si era messo in mostra per la sua competenza, il suo coraggio e la sua grandissima professionalità!

Nato a Canicattì il 3 Ottobre del 1952, fin da piccolo si era dimostrato un appassionato dello studio, superando, sempre con il massimo dei voti, ognuna delle tappe che lo portarono alla laurea in giurisprudenza, ottenuta ovviamente “cum laude”.

Dopo qualche mese passato all’Ufficio del Registro di Agrigento superò brillantemente anche il concorso per uditore giudiziario, entrando in magistratura presso il Tribunale di Caltanissetta. Nel 1979, un anno dopo, fu trasferito ad Agrigento, dove assunse l’incarico di sostituto procuratore.

Nei 10 anni in cui ricoprì quel ruolo Livatino si occupò di importanti indagini antimafia, di criminalità comune, ma anche di quella che negli anni ‘90 sarebbe stata battezzata “la Tangentopoli siciliana”. Fu proprio lui, insieme ad altri colleghi, ad interrogare per primo un ministro dello stato.  

Proprio riguardo il delicato impegno con il quale Rosario cercava di investigare la fitta trama di intrecci fra mafia, politica ed imprenditoria siciliana intervenne l’allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, queste le sue ignobili parole:

"Possiamo continuare con questo tabù, che poi significa che ogni ragazzino che ha vinto il concorso ritiene di dover esercitare l'azione penale a diritto e a rovescio, come gli pare e gli piace, senza rispondere a nessuno? … Non è possibile che si creda che un ragazzino, solo perché ha fatto il concorso di diritto romano, sia in grado di condurre indagini complesse contro la mafia e il traffico di droga. Questa è un'autentica sciocchezza! A questo ragazzino io non gli affiderei nemmeno l'amministrazione di una casa terrena, come si dice in Sardegna, una casa a un piano con una sola finestra, che è anche la porta"

Rosario Livatino fu apertamente attaccato dal più elevato membro delle istituzioni, nonchè numero 1 del CSM, di quella stessa istituzione cioè che egli onorava con la sua professionalità, riconosciuta da tutti i sui colleghi!

Livatino era un uomo semplice, molto discreto, che non amava affatto le luci della ribalta. Si era costantemente prodigato per "dare alla legge un'anima", questo doveva essere, infatti, secondo Livatino, il primario compito del giudice: dare un volto umano all'astratto comando della legge. E, tutto d’un tratto, si ritrovò nel bel mezzo di una clamorosa polemica innescata addirittura dal Capo dello Stato… 

Ma grazie al suo coraggio e ad una solidissima fede Cattolica (sempre presente sulla sua scrivania una copia della Bibbia) il “Giudice ragazzino” proseguì il  lavoro che aveva cominciato, pur nel timore, come testimoniano i suoi diari, di andare incontro alle pesanti ritorsioni degli uomini di potere siciliani. In ricordo del suo spessore umano, della sua fede,e della sua visione del compito che svolgeva, restano le sue bellissime conferenze tenute a Canicattì: “Il ruolo del Giudice nella società che cambia” e “Fede e diritto”.

La sua fine giunse per mano di quattro sicari della Stidda (la mafia Agrigentina); La mattina del 21 Settembre del 1990 si trovava nella sua auto, una piccola Ford Fiesta, mentre da solo, privo di scorta, si recava in Tribunale. La sua auto fu affiancata prima, presa di mira poi, da quella dei suoi killer. Livatino, ferito, tentò disperatamente la via della fuga, uscendo dalla portiera del passeggiero e cercando di scappare attraverso i terreni circostanti. Ma gli uomini della Stidda, spietati, lo seguirono e lo freddarono con quattro colpi di pistola, due alle braccia, uno alla tempia ed uno in bocca.

La storia terrena del “Giudice ragazzino” si concluse così, sul ciglio della superstrada Canicattì-Agrigento, ma il suo ricordo, e la sua anima aleggiano ancora tra di noi. E’ infatti aperto il Processo Diocesano di Canonizzazione per Rosario Livatino, con il quale la Chiesa intende Beatificare Rosario Livatino,   "modello credibile di Cristiano coerente e viva testimonianza di Cristianesimo vissuto della Chiesa".

Nel filmato un breve passaggio del bellissimo discorso nel quale Livatino parla del ruolo dei magistrati nella società moderna…    

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