Era il 9 Agosto del 1991, 19 anni orsono… Un’afosa giornata calabrese, l’ultima per il giudice Antonio Scopelliti;
Era stato definito “il giudice solo”, perchè nonostante l’importante ruolo che ricopriva in Cassazione nessuno lo conosceva. E’ rimasto solo anche dopo la morte, dopo un omicidio per il quale tutt’oggi non sono stati individuati nè esecutori materiali, nè mandanti…
“Quel giorno – ha detto la figlia Rosanna Scopelliti – stava tornando a casa dal mare, ed è stato ammazzato con due colpi di fucile a canne mozze. Da quel giorno e dai funerali celebrati a quasi 24 ore con tutte le Alte cariche dello Stato, è calato il silenzio. Da ferragosto 1991 in poi il delitto Scopelliti è stato completamente dimenticato. Io e mia madre siamo rimaste nella solitudine e la stessa solitudine c’è stata anche dopo, con il passare degli anni. Anche quando sono arrivate le sentenze, soprattutto quelle vergognose con le assoluzioni dei mandanti e degli esecutori dell’assassinio di mio padre. A me e a mia madre quel silenzio ha fatto male. Non è pensabile che familiari di vittime di mafia, familiari di servitori dello Stato, vengano lasciati completamente soli, senza verità e senza giustizia”.
Rosanna Scopelliti ha concluso: “Non chiedo giustizia solo per mio padre, ma per tutte le vittime di mafia, per tutte quelle persone che sono state uccise per il loro lavoro, perchè hanno avuto il coraggio di denunciare. La mia è una lotta di solidarietà, che combatto per gli ideali di mio padre: la verità e la giustizia. Sapere chi lo ha ucciso per me è importante, ma credo che lo sia ancora di più per lo Stato: perchè per avere la fiducia dei cittadini deve essere capace di garantire per i propri martiri giustizia e verità”.
Per ricordare Antonio Scopelliti ho pensato di pubblicare uno stralcio di uno dei suoi scritti che ho trovato sul sito della fondazione Scopelliti; uno breve passaggio nel quale il giudice prende le difese dei magistrati e spiega come questi debbano comportarsi per assolvere a dovere il proprio ruolo. Parole importanti che bisogna leggere con attenzione, perchè sono di un’attualità incredibile!
Attacchi personali, pesanti insinuazioni sulla loro correttezza personale, accuse di strumentalizzare i processi per servire questa o quella fazione politica. Non c’è oramai nessuna inchiesta di rilievo che non scateni campagne denigratorie e frettolosi processi sommari contro i giudici che se ne occupano. […]
Uomini politici di rango non si fanno scrupolo di chiamare pazzi e dissennati magistrati noti per equilibrio e riserbo; giornalisti alla moda scrivono di magistrati che, come pallide controfigure, agiscono per conto ed in nome di potenti uomini di governo. Dai magistrati si pretendono giudizi culturali, politici, morali, si pretendono interventi di polizia…
Il tutto in uno sciagurato clima di sospetti e di aggressioni morali.
Sono le considerazioni amare di un magistrato, considerazioni che possiamo condividere anche se sollecitano talune riflessioni.
Lasciamo da parte per un attimo i disinvolti libelli di certa informazione quotidiana, gli scamiciati vezzeggiativi di certi politici e le cialtronerie di certi apostoli della cultura nostrana al cui costante è l’assoluta ignoranza (c’è di peggio?) della letteratura e della grammatica giuridica e del cui ghiotto e malcelato traguardo è quello di scandalizzare comunque e ad ogni costo; lasciamoli da parte e veniamo alla gente che sta dietro l’angolo. Gente che fatica in silenzio, che subisce, che spera, che giudica. Bene, questa gente vive momenti di disagio, è disorientata, stenta a capire come pesa la bilancia e giorno dopo giorno si pone inquietanti domande che nel migliore dei casi rimangono senza risposta.
Non c’è dubbio che stiamo vivendo tempi singolari caratterizzati da gravi carenze del potere legislativo da gravi debolezze dell’esecutivo, da condizioni di grave corruzione nella vita pubblica ed economica. Da anni sembra più importante raggiungere un accordo che non determinare il contenuto con la conseguenza che sono nate e nascono leggi sempre più nebulose, ambigue e disarmoniche.
Nessuna meraviglia quindi del cedimento di alcuni giudici di fronte alla tentazione di governare attraverso l’esercizio dell’attività giudiziaria. […]
Non dovrebbe dimenticare il giudice che nell’esercizio del potere giuridico non ha che una linea da seguire ed è quella indicata dalla Costituzione essendo quest’ultimo il testo che consacra in termini generali e superpartitici i valori sociali nei quali la nostra comunità statuale crede ed alla cui realizzazione essa aspira.
Il giudice che opera al di fuori o va oltre e non realizza questo messaggio finisce inevitabilmente per tradire l’unico vero ruolo “politico” che il suo mandato gli attribuisce.
Non dovrebbe dimenticare il giudice che di fronte alla tendenza a politicizzare le attività più diverse, in un mondo agitato da tensioni e conflitti ideologici, politici e sociali, è pericoloso e dannoso assumere atteggiamenti incompatibili con la serena obiettività cui deve ispirarsi la sua altissima funzione istituzionale. Non dovrebbe dimenticare il giudice la virtù dell’equilibrio quando sia malauguratamente tentato di riempire gli spazi che vengono a lui offerti ispirandosi al suo patrimonio ideologico. Non dovrebbe in sostanza dimenticare che il cittadino ha il diritto di attendersi dal suo giudice l’uso della massima prudenza prima di emettere qualsivoglia provvedimento; ha il diritto di non tollerare pubblici sequestri spettacolari quanto inutili; ha il diritto di non tollerare inchieste fondate sul poco o sul niente; ha il diritto di vedere il suo giudice “con la testa stretta tra le mani” nel momento di decidere e del giudicare.
La società moderna ha riscoperto che l’autorità non è fine a se stessa, ma ha senso soltanto se viene intesa come servizio: che cioè il potere viene conferito e deve essere accettato in funzione delle prestazioni che la comunità richiede.
(tratto da “Gli oratori del Giorno, maggio-giugno 1987)
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