Piersanti Mattarella

Mattarella è un cognome noto alla politica, Piersanti infatti faceva parte di una famiglia molto impegnata sia a livello locale che a in quello nazionale;
Il padre Bernardo fu una figura molto controversa: fra i fondatori della Democrazia Cristiana ricoprì più volte incarichi di governo, ma durante la sua lunga carriera fu coinvolto in diverse occasioni in accuse di collusione con la mafia (fra queste anche quella di essere implicato nella strage di Portella della Ginestra), riuscendo però in ogni occasione a destreggiarsi fra le difficoltà e ad uscirne pulito.
Anche Sergio, il fratello di Piersanti, ha svolto ruoli importanti prima tra le fila della DC, poi passando al centro-sinistra, con il quale ha concluso nel 2008 i propri incarichi parlamentari.
Piersanti Mattarella nacque a Castellammare del Golfo il 24 Maggio 1935;
Ebbe un educazione estremamente religiosa, e ben presto finì per indirizzare la sua vita verso la carriera politica, in quella DC nella quale aveva riposto grande fiducia. Faceva parte della corrente riconducibile ad Aldo Moro, di cui si dice fosse il pupillo.
Dopo alcuni mandati da consigliere e poi assessore regionale, nel 1978 venne eletto Presidente della Regione Sicilia, in una giunta appoggiata da quel PCI di cui dopo pochi mesi Pio La Torre sarebbe diventato segretario regionale.
Mattarella prese da subito posizioni chiare contro la mafia, promuovendo la legalità ed appoggiando le categorie più deboli...
Esemplare fu il suo inaspettato appoggio proprio a La Torre, quando, in occasione dell'assemblea regionale dell'agricoltura (Febbraio 79), il sindacalista attaccò duramente il relativo Assessore, additandolo come colluso con la delinquenza locale e denunciando l'Assessorato come centro della corruzione regionale. Mattarella non solo si rifiutò di prendere le difese del proprio collega di giunta, ma bensì riconobbe la necessità di ristabilire correttezza e legalità nella gestione dei contributi agricoli regionali.
Piersanti Mattarella fu assassinato il 6 Gennaio 1980;
Era appena salito in auto per andare a messa con la moglie ed i figli quando un killer armato di pistola si avvicinò al suo finestrino e lo freddò con una raffica di proiettili, che ferirono in maniera non grave anche la signora.
Inizialmente ritenuto un atto terroristico, fu Masino Buscetta a svelarne i reali mandanti: i vertici di Cosanostra... E fu un altro pentito, Francesco Marino Mannoia, a rivelare che Giulio Andreotti era a conoscenza dell'insofferenza della mafia nei confronti di Mattarella, avendo presenziato a 2 incontri con boss mafiosi (come confermato in Cassazione nel 2004 a conclusione del processo allo stesso ex Primo Ministro) aventi oggetto proprio la politica del Presidente della Regione ed il suo omicidio. Andreotti, però, non ritenette opportuno avvisare nè Piersanti, nè la magistratura, ed intavolò una personale trattativa con gli alti ranghi di Cosanostra nel tentativo di salvare allo stesso tempo sia il politico che i propri rapporti con la mafia. 
Evidentemente quella fu l'unica volta in cui Giulio Andreotti, nella sua strepitosa carriera, non ottenne ciò che voleva, data la tragica fine di Mattarella...

Pio La Torre

Pio La Torre è stato un inarrestabile difensore dei diritti dei più poveri e dei più deboli, un uomo coraggioso e caparbio in grado di dare speranza e fiducia a migliaia di Siciliani;
Nacque il 24 Dicembre 1927 in una piccola borgata di Palermo, in una famiglia di poveri contadini obbligati a crescere cinque figli senza corrente nè acqua. L'infanzia difficile segnò profondamente il carattere di La Torre, il quale fin da giovanissimo si dedicò ad una causa che gli stava profondamente a cuore: i diritti dei contadini. Memorabili furono le iniziative e le marce di protesta con le quali Pio riuscì a conquistarsi la fiducia di tantissimi braccianti, conducendoli alla conquista delle terre per le quali avevano lavorato tutta la vita. Non fu certo facile opporsi all'egemonia dei Signori delle Terre, i veri padroni della Sicilia dell'epoca, ma La Torre aveva dalla sua i numeri e la legge. Riuscì ad ottenere grossi successi, ma anche ad inimicarsi persone importanti, ed insieme alle vittorie le lotte contadine furono caratterizzate anche per l'ingiusta detenzione che lo costrinse in carcere per quasi un anno e mezzo. Fu un periodo durissimo per La Torre, che oltre a dover scontare una punizione immeritata (alla fine del processo sarebbe stato assolto) fu costretto a perdere la nascita del suo primogenito ed il funerale della madre, venuta a mancare a causa di un tumore all'utero.
Ma Pio era un uomo forte, e l'aveva già dimostrato anni prima, quando a fronte delle ripetute minacce e ritorsioni che arrivavano a causa del suo impegno era stato costretto a lasciare la famiglia, per darle modo di condurre una vita serena, e trasferirsi a Palermo.
Uscito dall'Ucciardone decise non solo di non mollare le sue battaglie, ma addirittura di aumentare il proprio impegno e le responsabilità ad esso connesse! La Torre continuò la sua lotta nel sindacato, ma capì che per dare davvero una svolta ci voleva il "salto di qualità", doveva cioè infiltrarsi nel mondo politico e cercare di cambiarlo dall'interno.
La sua carriera fu fulminante, cominciò con un paio di mandati come consigliere comunale a Palermo, fino ad arrivare all'incarico di parlamentare.
E fu proprio negli anni di Roma che intensificò il suo lavoro, soprattutto la lotta contro la mafia, organizzazione che da molti era vista in quel periodo come un gruppo di contadinotti prepotenti. Entrò a far parte della prima bozza di commissione antimafia (commissione parlamentare d'inchiesta sulla mafia), tramite la quale riuscì, insieme anche al giudice Cesare Terranova,a mettere in luce quello che allora molti ignoravano: la mafia si stava trasformando!
La Torre sapeva che Cosanostra si stava organizzando, e che dai campi si era trasferita alle città; sapeva che la criminalità organizzata stava prolificando grazie al consenso della politica, e che spesso erano addirittura i politici ad aver bisogno dei mafiosi! Dalla sua analisi del rapporto tra il sistema di potere mafioso e pezzi dello Stato emerse la sua convinzione che “[la] compenetrazione è avvenuta storicamente come risultato di un incontro che è stato ricercato e voluto da tutte e due le parti (mafia e potere politico)…La mafia è quindi un fenomeno di classi dirigenti”.
 Pio non si limitò a denunciare nomi di importanti esponenti della DC siciliana, ma si adoperò per modificare la legislazione italiana, che a quei tempi non contemplava l'associazione mafiosa.
Fui proprio lui l'uomo che ideò e mise a punto l'articolo 416bis del Codice Penale, quello che introdusse appunto il reato di associazione mafiosa. E ben conoscendo il punto debole della mafia, la "roba", stabiliva la confisca dei beni alle persone arrestate ed anche la decadenza della possibilità di ricoprire incarichi civili. Purtroppo la sua idea non fu inizialmente presa in considerazione, ma fu riproposta ed approvata solo dopo la sua morte (legge Rognoni-La Torre);
Nel 1981,dopo due anni di morti eccellenti, Pio decise di ritornare in Sicilia, dove credeva di poter svolgere un ruolo più decisivo nelle lotte che conduceva.
Fu nominato segretario regionale del PCI e continuò le sue battaglie di legalità e giustizia. Fu a Comiso, contro le installazioni di missili americani, che svolse le sue ultime"missioni" prima di quel fatidico 30 Aprile.
Fu proprio in quella mattina della primavera '82 che La Torre, mentre raggiungeva in auto con l'amico Rosario Di Salvo la sede del partito, fu intercettato ed ucciso da un commando mafioso. Due moto di grossa cilindrata affiancarono la Fiat 132 dei due politici, e diedero inizio ad un vero e proprio massacro compiuto a colpi di pistole e mitragliette. La Torre morì subito, mentre Di Salvo ebbe solo il tempo di estrarre la pistola nell'estremo tentativo di salvare la vita dell'amico-compagno.
Solo nel 2007 si è giunti, grazie alla testimonianza di uno dei killers, a delle condanne definitive sia per gli esecutori che per i mandanti dell'omicidio.
La morte di Pio destò grosso scalpore e diede vigore alla corrente che pochi giorni dopo riuscì a far approvare, cavalcando l'onda emotiva del delitto, la legge su cui lui stesso aveva lavorato.
Fa specie pensare che ci sia stato bisogno del sangue di due persone per giungere all'approvazione di una legge fondamentale per la lotta alla mafia, un brutto segnale che avrebbe avuto svariate conferme negli anni a venire...


23 Maggio, 18 anni fa...

Sono passati 18 anni da quel giorno, quel terribile 23 Maggio 1992 in cui l'Italia fu sconvolta da una bomba, piazzata sotto l'autostrada Palermo-Trapani all'altezza dello svincolo per Capaci, che spezzò le vite di 5 eroi:
Giovanni Falcone, neo Procuratore nazionale antimafia, Francesca Morvillo, sua moglie, ed i tre agenti di scorta Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani
Le immagini più di mille parole possono dare l'idea di cosa accadde veramente quel giorno. 
Non dobbiamo dimenticare...


Il delirio di Daniela Santanchè e la verità sulle intercettazioni




Tralasciando i facili commenti che possono scaturire nei riguardi di questa donna, della quale tutti noi conosciamo il curriculum, e di questo programma televisivo indegno, vorrei fare,invece, una breve riflessione sul contenuto della dichiarazione del nostro Sottosegretario al Dipartimento per l'attuazione del programma di Governo (sarebbe interessante capire anche il perchè una donna che alle elezioni si era candidata contro Berlusconi sia ora finita a far parte non solo della maggioranza,ma addirittura del governo...).
Innanzi tutto una mia opinione personale riguardo alla questione mafiosi: l'Onorevole sostiene che ascoltare un boss mentre parla con la fidanzata o la madre sia un abuso da parte delle procure in quanto viola il diritto alla privacy. Io invece credo che i mafiosi NON DEBBANO ASSOLUTAMENTE godere di questo diritto, per vari motivi:
a) fanno parte di un'organizzazione contrapposta allo stato, di cui non riconoscono le leggi;
b) le intercettazioni non servono solo per prevenire un delitto, per il quale scopo sarebbe giusto ascoltare solo i dialoghi riguardanti lo stesso, ma anche per permettere alle forze dell'ordine di scovare ed arrestare il malvivente, ed a tal fine informazioni utilissime possono essere fornite anche da colloqui con i familiari!
c) è proprio violando la privacy, intercettando chiamate personali, che il connubio mafia-apparati deviati dello stato ha potuto programmare ed eseguire alcuni tragici attentati (un esempio su tutti la strage di via D'Amelio).
Sono anche dell'idea che un esponente del governo (persona, non dimentichiamocelo, che rappresenta tutti noi) abbia il dovere di esprimere SEMPRE la sua più totale ed inderogabile contrapposizione alla mafia, per qualsiasi motivo, in qualsiasi occasione, con ogni mezzo!
L'affermazione di Daniela Santanchè è un bruttissimo segnale contro la lotta alla mafia perchè allo stesso tempo delegittima tutte le forze dell'ordine che provano a combatterla e rafforza il convincimento dei boss che in questo paese possono fare più o meno quello che vogliono...
Alla luce di ciò, per come la vedo io (ed esprimo un'opinione prettamente personale), i casi sono due: o lei è molto molto ingenua e non si rende conto delle ripercussioni delle sue affermazioni, oppure è in malafede, e, per qualche oscuro motivo, le ha fatte volontariamente. In qualsiasi modo vogliate vederla, si tratta comunque di una dichiarazione gravissima.
A questo punto vorrei dire due parole anche sul più generico argomento "intercettazioni".
Innanzitutto giusto per far capire di cosa stiamo parlando faccio un'importante premessa: non c'è stato 1 solo arresto in questi ultimi decenni (mi riferisco a vicende mafiose, ma il discorso vale per la quasi totalità dei crimini di oggi) che non sia stato possibile grazie alle intercettazioni! Purtroppo non esiste una fonte da esibire, ma chi ha un minimo di cultura sulla lotta alla mafia sa che è così...
In questi ultimi anni (da quando cioè l'ex PM di Catanzaro De Magistris con l'ausilio di Gioacchino Genchi si era messo sulle tracce di quella che alcuni definiscono "la nuova P2") è in atto una campagna di falsità da parte di una grossa fetta del mondo politico nei confronti delle intercettazioni. E' facile immaginarsi il motivo: le intercettazioni fanno paura a chi ha la coscienza sporca! 
E allora ci sentiamo ripetere in continuazione che in Italia vengono intercettate tantissime persone, che si spendono molti più soldi che negli altri paesi e che ci sia bisogno di una svolta per dare un limite all'abuso.
Analizziamo queste tesi...
Dal punto di vista quantitativo ci vengono forniti ad hoc molti dati senza che questi vengano però spiegati:
secondo il Ministero vengono effettuate ogni anno 125.000 intercettazioni, contro per esempio le 1705 negli USA (20000 in Francia, 5500 in Inghilterra, 2700 in Svizzera). Però il Ministero si dimentica di dire un paio di cose abbastanza importanti:
1) 125 000 non sono le persone ascoltate, ma i decreti con i quali i giudici autorizzano la richiesta di intercettare! In questo numero sono compresi i rinnovi dei decreti (la durata di ognuno varia tra i 15 ed i 20 giorni, e poi se l'indagine prosegue va rinnovato). In più bisogna tenere in considerazione che ogni decreto vale per una sola utenza,ma ogni intercettato ha in genere 3\4 utenze  (casa, ufficio, 1o 2 cellulari). Alla luce di questi dati il conto delle persone intercettate risulta essere vicino ai 20.000;
2) I dati forniti, come ho detto prima, riguardano i numeri di decreti emessi dai giudici. Ma a differenza dell'Italia, dove solo la magistratura può decidere di intercettare, in altri paesi lo stesso ruolo può essere svolto da altre agenzie governative che però mantengono segreti i loro dati. Quindi è verosimile che il numero di intercettazioni e di persone ascoltate in altre nazioni sia molto molto molto più alto (per esempio negli USA possono intercettare FBI, CIA, ed esiste "il programma di ascolto di Bush per gli Americani")!
Ed infine, elemento non trascurabile, bisogna anche tenere conto del fatto che in altri paesi non esiste una criminalità organizzata ramificata come in Italia...
E veniamo all'aspetto economico: è sicuramente vero che in Italia si spendono molti, troppi soldi per le intercettazioni (anche se anche in questo caso alcuni dati sono stati taroccati), ma questo dipende dal fatto che le apparecchiature necessarie da noi vengono noleggiate, dovendo pagare dei privati. Vengono pagate a carissimo prezzo al gestore della rete anche le richieste di tabulati e di usufrutto della rete stessa per l'intercettazione. 
Questo è il quadro.
Per la lotta alla mafia le intercettazioni sono VITALI, non possiamo permettere che per proteggere qualche potente venga messo il guinzaglio alle procure!


fonte: osservatorio sulla legalità

Rosario Di Salvo



Rosario Di Salvo nasce a Bari il 16 agosto del 1946, trasferitosi a Palermo sposa nel 1970 Rosa Casanova. Subito dopo le nozze emigra con la moglie in Germania, ma le difficoltà costringono i due a tornare in Sicilia dopo neppure un anno. Al rientro Rosario, insieme a Rosa, si iscrive al Partito Comunista, nella sezione Noce di Palermo, dopo un lento processo di maturazione politica che l’aveva portato a vivere pienamente la lunga stagione delle battaglie politiche e sindacali.
Entra a far parte dell’apparato tecnico del partito. Viaggia moltissimo, si sottopone a un ritmo di vita molto faticoso, vive lunghe giornate con impegno e passione al fianco dei leader del partito. Con Achille Occhetto in particolare, divenuto segretario regionale, sviluppa un legame molto solido, costruito nei numerosi viaggi per partecipare ai dibattiti che si svolgevano in molte città della Sicilia. Alterna il lavoro per il partito con l’occupazione come contabile in una cooperativa di agrumi. Ma il lavoro d’ufficio non fa per lui. Così lascia la cooperativa e si impegna a tempo pieno nei frequenti viaggi con i compagni del Comitato regionale.
Contemporaneamente Pio La Torre, che Di Salvo conosce a Comiso, ad una manifestazione di pacifisti, lascia la segreteria nazionale del partito e torna in prima fila alla guida delle lotte nella sua Sicilia. Basta il primo viaggio insieme per stabilire tra Pio e Rosario un’intesa molto forte e coinvolgente. Questo dirigente che viene dalla gavetta così schietto e sincero, entusiasma Rosario che non perde occasione per additarlo ad esempio.
Con Pio La Torre, la lotta alla mafia, per la pace, per una Sicilia produttiva, vivono una nuova e feconda stagione. Comiso diventa il punto di riferimento di migliaia di pacifisti che non si rassegnano all’istallazione dei missili nucleari americani. Si avvia la raccolta di un milione di firme. Rosario è attento, partecipe, entusiasta. Il quattro aprile del 1982 è nuovamente a Comiso per la sua ultima marcia che vede insieme cattolici e comunisti, socialisti e pacifisti di ogni credo. Cresce un grande movimento ma contemporaneamente aumentano i rischi.
Rosario e Pio ne sono consapevoli. Il 30 aprile 1982 un vero e proprio commando mafioso è in via Turba, un “budello” dove ci si passa appena, vicino la federazione del partito. Rosario è al suo posto come sempre, al fianco di Pio. Tira fuori la sua arma e spara. Per difendere un’ultima volta il suo segretario regionale. 
Queste le parole scritte dalla vedova di Rosario in una lettera aperta al Presidente Napolitano:“Sono Rosa, la moglie di Rosario Di Salvo, il collaboratore e compagno di cammino di Pio La Torre, assassinato con lui il 30 aprile del 1982. In questi anni ho visto con sgomento un sipario di silenzi e omertà calare sulla memoria di mio marito. Tutti ricordano, giustamente, la nobile figura di Pio La Torre. Ma al tempo stesso dimenticano di parlare di Rosario.Lo citano come un’appendice del dolore, come un’ombra, come qualcuno a cui può essere dedicato un accenno fuggevole, senza entrare nel merito, senza dire chi fosse, senza raccontare ai più giovani quali ideali accompagnarono mio marito verso il suo tragico destino, un destino che conosceva e a cui non volle sottrarsi con la fuga, la scorciatoia dei vili.Signor Presidente, Rosario aveva scelto di proteggere Pio e di accompagnarlo perché condivideva i suoi passi, i suoi aneliti, le sue lotte. La sua fu la posizione senza compromessi di un militante comunista, di un uomo libero temprato dal fuoco della sua passione civile. Ognuno si ritaglia i ruoli più consoni. Pio La Torre era il valoroso guerriero dei deboli che si esponeva in prima persona per un mondo pieno di giustizia, e Dio sa di quanta giustizia la Sicilia avesse e abbia bisogno! Rosario era il suo angelo custode laico. Era colui che vegliava sulla speranza, restando sempre un passo indietro. Rosario sacrificò la sua famiglia per il suo ideale. Io sapevo che la sua assenza era il frutto di una coerenza ammirevole. E ho imparato ad accettare il dolore, sfrondandolo dalla disperazione. Mio marito ha compiuto la strada fino in fondo”
Il Centro di studi ed iniziative culturali “Pio La Torre” nella ricorrenza dell’assassinio organizza eventi per ricordare la lezione politica ed etica di Pio La Torre e Rosario Di Salvo. Al mattino di ogni 30 aprile, i compagni di Pio e Rosario si riuniscono sotto la lapide posta in via Turba luogo dell’assassinio.
Fonti: piolatorre.it , yourban.net

Pasquale Almerico

Comincia il capitolo dedicato agli eroi della categoria dei politici, e devo dire con grosso dispiacere (anche se a dirla tutta me l'aspettavo) che approfondire le vicende in cui sono coinvolti degli onorevoli è come entrare in una valle di lacrime!
La storia dell'uomo di cui voglio scrivere in questo post è un esempio lampante di come la politica non solo sia sempre stata consapevole dell'esistenza della mafia, ma sia stata anche partecipe nel permetterle di crescere e radicarsi in Italia;
Pasquale Almerico era un Siciliano DOC.
Era nato a Camporeale nel '14, e aveva dedicato la sua vita ai bambini (era un maestro d'elementar)i, alla fede, ed alla Res Pubblica, la politica appunto, grazie alla quale era convinto di poter fare del bene a tutti suoi compaesani.
Erano i primi anni '40 quando, insieme all'amico don Vincenzo Ferranti e ad altri giovani impegnati, fondò la sezione del partito della Democrazia Cristiana di Camporeale. Il gruppo mise subito in chiaro le proprie intenzioni, manifestando la chiara volontà di contrapporsi ad un potere mafioso che in quella terra portava il nome di Vanni Sacco. I propositi erano eccellenti, ma per portare avanti una battaglia simile c'è bisogno di forza e coraggio, qualità che risiedono solo in persone fuori dal comune! Ed infatti il primo a cedere alla pressione del boss fu don Vincenzo, anche se, bisogna dargliene atto, le intimidazioni nei suoi confronti furono pesanti: la notte del 26 Maggio 1946 una serie di mitragliate si infranse sui muri della canonica. Il prete decise di fuggire, rifugiandosi nel Palazzo Arcivescovile di Monreale, non sapendo che lo stesso Monsignor Filippi fosse un caro amico di Vanni Sacco. Fu così che don Ferranti fu convinto dall'arcivescovo a tornare a Camporeale, accompagnato addirittura dal boss in persona, dando un chiaro segnale della sua sottomissione.
La situazione in paese non era delle più facili, ma Pasquale Almerico non era certo quel tipo di persona che si lascia sottomettere dal signorotto locale. Continuò la sua campagna e riuscì nel 1952 a farsi eleggere sindaco del paese.
Per due anni le cose filarono senza grossi intoppi, Almerico fu artefice di importanti opere per Camporeale, tanto è vero quasi tutti i suoi compaesani gli volevano un gran bene. Ma fu allora che cominciarono i veri problemi!
Vanni Sacco, deluso dal partito liberale cui aveva per anni dato fiducia, decise di passare alla DC portando con sè i suoi sgherri, in tutto circa 300 persone...
300 tessere in un piccolo paese della Sicilia sono come oro colato,anche per un partito come la Democrazia Cristiana, ma il buon Almerico, ben conoscendo gli elementi in questione, decise di non concedere loro la possibilità di far parte della sezione. Questa decisione segnò per lui l'inizio della fine...
Per prima cosa il boss chiese ed ottenne le tessere al coordinatore regionale Gullotti. Come se tutto ciò non bastasse riuscì inoltre a far cacciare Almerico dal partito! Pasquale sapeva di essere ad un bivio: da una parte la possibilità di mollare tutto e continuare a vivere da maestro, dall'altra quella di sollevare le maniche e lottare.
Scelse la seconda... 
Decise di mantenere l'incarico di sindaco nonostante l'espulsione dal partito e di denunciare agli alti ranghi quello che stava succedendo a Camporeale. Prese carta e penna e scrisse una eloquente lettera indirizzata al segretario provinciale Giovanni Gioia e,per conoscenza, al segretario nazionale Amintore Fanfani, nella quale spiegava che concedendo le tessere a Vanni gli sarebbe stato permesso di mettere le mani sulla sezione di Camporeale. Almerico descrisse come la mafia cercava di radicarsi nelle istituzioni e denunciò inoltre che la sua stessa vita fosse in pericolo. La seccata risposta di Gioia fu:"Il partito ha bisogno di gente con cui coalizzarsi, ha bisogno di uomini nuovi, non si possono ostacolare certi tentativi di compromesso".
Trovatosi abbandonato dallo stesso partito che aveva contribuito a far crescere Almerico si rese conto che la fine per lui era vicina.
Ed inesorabilmente arrivò la sera del 25 Marzo 1957.
Un gruppo di uomini a cavallo gli tese un agguato in pieno centro di Camporeale e lo dilaniò a colpi di mitra. I killer infierirono sul suo corpo per 30-40 secondi prima che uno di loro lo finisse con 7 colpi di pistola. 
Nell'agguato furono ferite varie persone, ed anche un innocente passante perse la vita...
Quella di Almerico è una storia che riassume in maniera eloquente lo spirito con cui spesso, sia in passato che al presente, viene vissuta la politica in Italia!
Negli anni a venire Gioia sarebbe stato eletto deputato e ministro, mentre Fanfani avrebbe più volte ricoperto il ruolo di Premier... 

Un brutto segnale

Ho deciso di copiare pari-pari il post di Sonia Alfano sul sito dell'IDV.
La notizia secondo me è sconcertante, sia per il gesto di per sè, sia per il fatto che di questo brutto fattaccio purtroppo non si è affatto parlato.
Radio 100passi ha un valore simbolico importantissimo, è fondamentale che aldilà dei contenuti venga appoggiata perchè racchiude il significato stesso della lotta alla mafia, lotta svolta da ragazzi coraggiosi che con i propri mezzi si danno da fare per portare avanti un'idea che qualcuno ha cercato di bloccare con l'omicidio di Peppino Impastato... 
Ed invece questi giovani e la loro iniziativa non solo vengono boicottati dagli stessi compaesani, ma devono addirittura subire l'onta dell'essere ignorati dal resto del paese...
E' un brutto segnale!  




AutoreSonia Alfano
A Palermo c'è una radio che dà fastidio. Come dà fastidio il ricordo di molte vittime di mafia, tra queste Peppino Impastato. Come davano fastidio la sua ribellione alla mafia e la sua radio. A Palermo, Radio 100 passi, subisce gli attacchi dei vigliacchi.
Questa nota è stata scritta da un componente dello staff della radio il giorno in cui la stessa avrebbe dovuto cominciare le trasmissioni:

Nella notte tra domenica e lunedi un duro colpo veniva sferrato nei confronti di Radio 100 passi.
Tutta l'attrezzatura che avevamo comprato in questi mesi e che serviva ad iniziare le trasmissioni era stata rubata. Tutta, ma propio tutta, dai pc al modem della fastweb dal mixer ai telefoni fino alle ciabatte porta spine. Rubate pure le attrezzature di lavoro degli artigiani che prestavano gratuitamente la loro opera nell'allestimento dei locali della radio.
"Ci siamo" ho subito pensato tra me e me dopo avere ascoltato la telefonata del coordinatore che mi annunciava con voce rotta dallo sconforto l'avvenuto depredamento degli strumenti che servivano a diffondere in rete un progetto di legalità, "sono arrivati" - "vogliono chiuderci la bocca" pensavo mentre coprivo il tragitto da casa mia fino alla radio, Questo e tanti altri pensieri si accavallavano nella mia mente, mentre la rabbia montava dentro, cresceva a più non posso, nei confronti di questa città che forse merita ciò che gli viene riservato. Non posso chiedermi neanche il perchè di questo vile colpo, conoscendo bene il modo di agire della cultura mafiosa. Giunto sul posto la scena che si presentava era sconfortante. Tutto il lavoro fatto in tante giornate sottratte alle nostre famiglie era stato vanificato.
La sala di regia completamente svuotata di tutto, i fili penzoloni e due monitor vecchiotti rendevano lo stato delle cose veramente sconfortante, quasi da abbandono.
"Ma chi me lo fa fare?" "Ma perchè mi sono messo in questa storia?" "non ci guadagno niente, anzi ci sto rimettendo in denari ed in salute" "Perchè devo avere di queste preoccupazioni?" "Perche devo darle anche alla mia famiglia?".
Queste riflessioni facevo guardando lo striscione della radio appeso al muro e ciò che c'era scritto sopra. "RADIO 100 PASSI il microfono dei siciliani onesti. Ho voglia di andarmene, di abbandonare, lasciare tutto come si trova in questa terra irredimibile. Ma poi penso a personaggi che hanno lasciato la loro vita in questa lotta e per questa terra, personaggi come Falcone, Borsellino, La Torre, penso ai giudici, ai polizziotti,ai giornalisti, penso alle loro famiglie che sono state private del loro bene più prezioso, violentate nel loro amore propio, penso a loro ed alla offesa che hanno subito e che con dolore e dignità lottano per una giustizia ed una società migliore.
Certo il mio dispiacere è niente in confronto a tutto questo, ma la radio è il mezzo per diffondere il pensiero di questi grandi uomini - eroi, ma allora non mi devo fermare, devo continuare nel mio piccolo anche per costoro e per le loro famiglie.
Un giro di telefonate con gli altri collaboratori ed amici di questo percorso per sondare i loro umori: NOI NON CI FERMEREMO è quello che ognuno di noi mette sul piatto di questa bilancia, consci del ruolo che abbiamo e dell'obiettivo che ci siamo prefissati con radio 100 passi, mentre da una vecchia foto il nostro amico Peppino Impastato mi guarda sornione e sorride.


A seguito di quanto accaduto, Radio 100 passi ha chiesto l'aiuto degli ascoltatori e di quanti credono nella cultura antimafiosa, organizzando una festa per raccogliere i fondi necessari per l'acquisto delle attrezzature necessarie, ma purtroppo non è bastato.

Negli ultimi giorni un altro vile gesto è stato compiuto in quella che doveva/dovrebbe essere la nuova sede della radio, l'attuale sede di 'Ubuntu', asilo interculturale.
Poichè io credo profondamente del progetto di Radio 100 passi, vi chiedo di sostenere il suo staff.
Sono state previste varie modalità per contribuire:
Carta di credito e carte prepagate:
- on-line con il metodo sicuro PayPal (che trovate cliccando qui)
- Bonifico o RID:
a favore di: Associazione 100 Passi network, Via Guglielmo Marconi, 2/a – 90141 Palermo
conto n°4155 Credito Siciliano ag.1
IBAN: IT 72 Y0301904612000000004155

Vaglia postale:
da tutti gli uffici postali compilando l’apposito modulo, o comodamente da casa tua collegandoti al sito: www.poste.it/bancoposta/vagliapostale/index.shtml
Inviandolo a: Associazione 100 passi network, Via Guglielmo Marconi, 2/a – 90141 Palermo

Versamento sul c/c bancario:
n°4155 Credito Siciliano ag.1 intestato a: Associazione cento passi network, via Guglielmo Marconi, 2/a – 90141 Palermo.

I fratelli Vaccaro Notte

Vincenzo, Salvatore ed Angelo.
Questi sono i nomi dei tre fratelli Vaccaro Notte, i protagonisti della storia che vi voglio raccontare;
Vivono in Sicilia, a Sant'Angelo di Muxaro, un piccolo paese situato nelle campagne agrigentine. Per chi nasce in luoghi come questo spesso emigrare è l'unica scelta che la vita ti mette a disposizione; il lavoro non c'è, e solo Angelo, il più giovane dei tre, riesce a trovare un impiego come Guardia Forestale, unica alternativa all'allevamento delle bestie o all'arruolamento nelle cosche. Per Enzo e Salvatore non resta che cercare fortuna lontano dalla propria terra, prima nel nord Italia, e poi in Germania; Nel 1979 iniziano una nuova avventura, diventano pizzaioli e grazie ad una grande dedizione al lavoro ed al sacrificio riescono a racimolare qualche soldo...
Enzo e Totò però non sono felici; sentono la mancanza della loro famiglia, degli amici, e della loro terra. Ma sono due persone orgogliose,hanno intenzione di farcela senza l'ausilio di alcuno, vogliono tornare da vincitori! Passano gli anni, i fratelli "sgobbano" ed alla fine l'obbiettivo è raggiunto: sono i primi anni novanta, Vincenzo e Salvatore ritornano in Sicilia, portando con sè soldi e idee. Intendono aprire una ditta di pompe funebri, ma la burocrazia, si sa, richiede i suoi tempi... Non si scoraggiano, sono abituati ai sacrifici e sono decisi a rispettare le regole, anche a costo di rimandare. Ci vogliono sei anni per recuperare il nulla osta ed i permessi, ma finalmente l'impresa può partire. A Sant'Angelo, però, un'altra famiglia si occupa dello stesso business. Sono i fratelli Angelo ed Alfonso Milioto, che senza alcuna autorizzazione si occupano di funerali con l'appoggio della cosca locale, la "cosca dei pidocchi", com' è volgarmente chiamata in paese...
Cominciano le minacce, le rappresaglie e gli atti intimidatori, fra questi la barbara uccisione a colpi di lupara di tre pastori tedeschi, le "guardie del corpo" di Angelo.
I fratelli Vaccaro Notte non hanno però alcuna intenzione di cedere; sanno di essere dalla parte della ragione, ma soprattutto non hanno nessuna voglia di dividere con altri il ricavato di tanti sacrifici,nè tanto meno di mollare la loro attività! I tre vengono isolati, in paese tutti sanno che prima o poi i "pidocchi" avrebbero reagito a modo loro, il vigliacco modo tipico della mafia.
La sera del 3 Novembre 1999, in pieno centro un gruppo armato intercetta Vincenzo e lo finisce a colpi di lupara. Nessuno vede niente, nessuno sente niente, l'intero paese si trincera dietro ad un muro di omertà.
A Salvatore ed Angelo non resta che scegliere: pensare alla loro stessa incolumità e scendere a compromessi, o continuare a lottare per la libertà. Optano per la seconda, perchè sono uomini d'onore, onore vero, non quello farlocco millantato dalle famiglie mafiose, e soprattutto per Enzo, per la sua memoria, per non lasciare che il fratello sia morto invano.
Non solo continuano a lavorare, ma parlano, denunciano, firmano decine e decine di verbali; le istituzioni però non sono in grado di compiere come si deve il loro dovere, ed il 5 Febbraio 2000, a soli due mesi dal primo delitto, anche Salvatore viene assassinato. Ancora in paese, ancora a colpi di lupara. 
Angelo resta solo, senza i suoi fratelli, abbandonato dai suoi compaesani, ma continua a non mollare. Viene preso di mira anche lui, ma grazie ai suoi cani ed all'aiuto della provvidenza riesce a sfuggire a ben 5 agguati. E' costretto a fuggire in Argentina perchè le istituzioni non sono in grado di assicurargli protezione, ma dopo poco più di un anno decide di tornare, di continuare a combattere, nel nome di Enzo e Totò!
Angelo oggi vive nel nord Italia, sotto protezione. Grazie alla sua preziosa collaborazione gli esecutori degli omicidi dei fratelli sono stati catturati, ma per Angelo non è abbastanza: sa bene che i mandanti sono ancora a piede libero, che i "pidocchi" fanno parte di un'organizzazione ben più radicata e potente di una coschetta di barbari formata da una dozzina di persone. Angelo vuole giustizia, e la richiede tramite i suoi seguitissini blog: sicania.spazioblog.it e vaccaronotte.spazioblog.it.
Una storia di coraggio e orgoglio, purtroppo dimenticata o addirittura sconosciuta in questo paese ingrato...


Di seguito il link all'intervista di Benny Calasanzio ad Angelo: clicka qui!


9 Maggio, il giorno di Peppino...

Nella notte tra l'8 ed il 9 Maggio, esattamente 32 anni orsono un gruppo di killer mafiosi rapì ed uccise, su mandato di Gaetano BadalamentiPeppino Impastato;
Come ogni anno a Cinisi, il paese natale di Peppino, si celebra il ricordo di questo grande personaggio con una serie di manifestazioni che raggiunge l'apice nel corteo che silenziosamente ripercorre la strada che da Terrasini (il paese in cui aveva sede Radio Aut) conduce per l'appunto a Cinisi.
Un evento, questo, a cui purtroppo, con mio grande rammarico, non ho mai avuto modo di partecipare...
Per il suddetto motivo ho deciso di dare un mio piccolissimo contributo alla memoria di un personaggio per il quale provo un'immensa ammirazione.
Ho notato con grandissimo piacere che in questi giorni sono stati numerosi i filmati riguardanti Peppino che hanno circolato per la rete, ed in particolar modo in Facebook. Devo dire che mi ha piacevolmente sorpreso scoprire che finalmente tante persone, soprattutto giovani (e questo è importante!), hanno cominciato ha dare il giusto valore alla memoria di questo magnifico personaggio; E' in occasioni come questa, e ci tengo a sottolinearlo, che emerge in maniera lampante quanto sia importante il web per portare avanti il ricordo, e di conseguenza i valori, di tutti coloro che hanno perso la vita per difendere ideali come onestà e libertà. E' infatti evidente come nei media più seguiti, e mi riferisco alla televisione ed alla carta stampata, siano ormai minimi gli spazi a loro dedicati, relegati ad un misero accenno subito dopo l'ultima avventura dell'orso Knut e giusto prima del servizio sull'ennesimo litigio tra Belen e Corona...
Ma la rete non ha solo il merito di dare spazio alla memoria,ma anche e soprattutto quello di metterci a disposizione una grossa quantità di materiale che altrimenti resterebbe ai più sconosciuto (visto e considerato che non siamo un popolo di lettori...); 
E così oltre alle biografie, alle testimonianze ed ai vecchi articoli di giornale chiunque ha la possibilità di riascoltare alcuni spezzoni delle trasmissioni di Radio Aut, o di reperire quelle foto che la famiglia ha deciso di rendere disponibile a tutti...
Perciò ho deciso di montare anche io una breve slideshow con alcuni vecchi scatti di Impastato, ma come sottofondo invece della stupenda canzone di Cisco ho pensato di mettere la vera voce di Peppino;
Si tratta di uno stralcio della puntata di "Onda Pazza" (qui il testo per intero) del 7 Aprile 78 (1 mese prima della sua morte) nella quale "sputtana" (termine utilizzato proprio da Salvo Vitale, la seconda voce nel filmato, per spiegare la vicenda) via radio il progetto segreto del quale era appena venuto a conoscenza. Si trattava del progetto Z10, un piano di massiccio abusivismo edilizio che Badalamenti ("Tano seduto") aveva ordito con la complicità del Sindaco Di Stefano ("Geronimo") e che lo stesso avrebbe voluto mantenere oscuro fino a dopo le elezioni, che si sarebbero svolte il mese successivo.
Si tratta di un pezzo che sintetizza alla perfezione l'ironia ed il coraggio con il quale Peppino affrontava la mafia, schernendola ed allo stesso tempo raccontandone i loschi affari e nominandone in maniera esplicita i protagonisti.
Un genio ribelle ed impavido che, seppur relegato in un piccolo paese a combattere insieme a pochi amici contro uno dei boss più potenti dell'intera mafia, ha saputo dare tanto a questa causa, diventando uno dei personaggi migliori che questo paese ricordi...


Giovanni Spampinato

La storia di Giovanni Spampinato ricorda per certi versi quella di Beppe Alfano, con il quale condivide alcuni aspetti comuni:
entrambi erano giornalisti "improvvisati" (Beppe era un professore di tecnica alle medie, Giovanni era invece arrivato ad un passo dalla laurea in filosofia), entrambi vivevano in città che tutti ritenevano lontane dal mondo mafioso, entrambi avevano approfondito inchieste su gruppi eversivi di stampo massonico; purtroppo i due hanno condiviso anche la tragica fine della loro storia, entrambi uccisi a colpi di pistola seduti al volante della propria auto...
Giovanni Spampinato nacque a Ragusa il 6 Novembre del '46, da una famiglia di antifascisti convinti. Le credenze politiche dei genitori diedero una grossa impronta al carattere di Giovanni, che fin dall'età di 17 anni mostrò grande coinvolgimento nella lotta contro la destra eversiva, proponendosi in prima persona nelle varie iniziative intraprese dai suoi amici-compagni. Era un ragazzo che amava darsi da fare, oltre a partecipare alle lotte studentesche degli anni '60, diede un grosso contributo in Belice nei soccorsi post-terremoto, e si rendeva disponibile anche per vari gruppi religiosi; 
Amava leggere, tenersi informato, e questa sua passione non poteva che condurlo al mondo del giornalismo...
Fu così che nel 1969, a pochi esami dal conseguimento della laurea in Filosofia, venne arruolato come corrispondente de "L'Ora" di Palermo, distinguendosi per le sue inchieste sui sindacati, ma soprattutto per quelle sul mondo dei movimenti neofascisti, dei quali si appassionò mettendo in mostra la sua stoffa di cronista. Non passò molto tempo prima che anche un giornale importante come "L'Unità" gli affidasse un incarico fisso; 
Grazie alle sue doti ed alla sua caparbietà Giovanni riuscì ad addentrarsi nelle trame nere che in quegli anni si addensavano a Ragusa, la provincia considerata "babba" nella quale in breve tempo si instaurò un pericoloso connubio tra mafia e neofascisti (pare che proprio nella provincia ragusana si nascondessero gli autori della strage di Piazza Fontana);
In questo contesto Spampinato si ritrovò a dover affrontare l'omicidio dell'ingegnere Angelo Tumino, un caso ancora oggi poco chiaro...
Giovanni ipotizzò che quest'ultimo, un uomo benestante amante della bella vita si fosse lasciato coinvolgere in un giro di traffici senza conoscere la reale natura del gruppo con cui si era legato, e che, una volta resosi conto di essere entrato a far parte di un mondo troppo pericoloso, avesse cercato di uscirne, pagando con la vita. Le inchieste di Giovanni lo condussero ad un personaggio di spicco della società ragusana: quel Roberto Campria figlio di Saverio, presidente del tribunale di Ragusa; Erano molti gli indizi che conducevano al rampollo del giudice, ma le indagini furono incredibilmente (o forse sarebbe meglio dire volutamente, come avrebbe poi ammesso lo stesso Saverio Cambria) lente ed inadeguate; Spampinato però non aveva nessuna intenzione di arrendersi, e proseguì con la sua inchiesta, concentrandosi su Campria figlio e sul mondo dell'eversione nera, che riteneva essere il fulcro di tutta la vicenda. Come spesso avviene in questi casi iniziarono le minacce, ma Giovanni pur rendendosi conto di aver a che fare con personaggi terribili non si fece intimorire; Aveva 27 anni, era praticamente un ragazzo, ma era orgoglioso e coraggioso!
Il 27 Ottobre 72, otto mesi esatti dopo l'omicidio Tumino, Roberto Campria intercettò Giovanni e lo fulminò con una serie di colpi di pistola mentre si trovava al volante della sua auto. Per non sbagliare utilizzò addirittura 2 pistole, comprate appositamente qualche settimana prima. Campria si costituì immediatamente dopo il delitto.
I mandanti di quell'omicidio sono rimasti ignoti, e solo da pochi anni alla figura di Giovanni Spampinato è stata data la dignità ed il valore che meriterebbe:
nel 2007 è stato insignito dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano del premio Saint Vincent per il giornalismo alla memoria.

Aiutiamo Byoblu!

Solo pochi giorni fa ho avuto modo di ascoltare le parole di Sonia Alfano, che riferendosi a suo padre ha detto: Beppe Alfano non era un eroe, era una persona normale che compiva semplicemente il proprio dovere, e per questo è stato ucciso... Il suo lavoro gli è costato la vita perchè tanti colleghi hanno preferito chiudere gli occhi di fronte all'evidenza, rifugiarsi dietro ad un muro di omertà e silenzio per non rischiare la carriera, o, peggio, con lo scopo di migliorare la propria posizione asservendo il potere; Beppe Alfano insomma non è diventato un eroe per meriti suoi, ma per demerito degli altri, di tutti coloro che si sono rifiutati di fare bene il loro lavoro, isolando chi si dava da fare, e rendendolo un bersaglio facile per chiunque avesse voluto cucirgli la bocca.
Sono abbastanza d'accordo, anche se credo che sia importante ricordare anche la grande dose di coraggio, di orgoglio e di fiducia nei propri valori che hanno contraddistinto Beppe Alfano, rendendolo un personaggio straordinario...
Ma quello che più mi ha impressionato in tutto quel discorso è l' attualità delle parole di Sonia.
Giusto ieri è uscita l'annuale classifica di Freedom House sulla libertà d'informazione nel mondo, ed il risultato, ancora una volta, è stato impietoso nei confronti dell'Italia: con un rating di 33 punti ci troviamo in 72^ posizione insieme ad India, Hong Kong e Benin (ed è imbarazzante leggere i nomi delle nazioni che ci precedono!!), con uno status di "Parzialmente libera" (per la cronaca la classifica vede in testa Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia). Se qualcuno volesse approfondire cos'è Freedom House e come stila queste classifiche ecco il sito.
Com'è evidente da questa ricerca il problema dell'informazione rimane di grandissima attualità anche ai giorni nostri...
Sono pochi i giornalisti, una rarità le testate, che in Italia possono dirsi realmente liberi, privi cioè di vincoli dovuti alla presenza ingombrante in direzione o più spesso nel cda di persone NON NEUTRALI (dal punto di vista politico, ma non solo...); 
E' solo grazie alla rete che in questi ultimi anni si è trovato il modo di far conoscere ed approfondire le notizie in maniera il più possibile imparziale, attraverso i blog ed al lavoro di molti giovani volenterosi che per passione, orgoglio, onestà, e, perchè no, in certi casi anche perchè può essere remunerativo, hanno deciso di dedicarsi ad una difficile missione: battersi per la libertà d'informazione!
Claudio Messora con il suo blog Byoblu è una di queste persone...
E' un apprezzatissimo blogger, che con grande dedizione e passione da qualche hanno affronta temi importanti e spesso dimenticati; Esponendo le notizie in maniera semplice, ma soprattutto documentata, si è rivelato per me e molta altra gente una importante fonte di informazioni. Dando un'occhiata al suo sito ci si può immediatamente rendere conto della sua bravura, della professionalità e dell'impegno, caratteristiche che per lo più scarseggiano nei giornalisti che tutti i giorni vediamo in televisione, o che scrivono per i quotidiani nazionali, troppo impegnati a tessere le lodi o a difendere questo o quel politico, o gli interessi di qualche affabile imprenditore o banchiere...
Claudio tratta spesso notizie che in Italia vengono appositamente insabbiate, mi vengono in mente i suoi approfondimenti sul terremoto dell'Aquila, o i suoi ottimi servizi sul vaccino anti-suina, con i quali, mesi prima del resto dei media, aveva dato modo di conoscere la reale situazione (è stato uno dei pochi a far vedere in versione integrale l'intervento con cui il ministro polacco annunciava la rinuncia ai vaccini); Ma questi sono solo due esempi dell'immenso lavoro che ha svolto con il suo blog...
Purtroppo tutto ciò richiede passione, esperienza, tecnicità, ma anche parecchi soldi. Se diamo un' occhiata al resto del mondo occidentale il nostro paese è ancora molto indietro dal punto di vista informatico (in particolare riguardo alla rete), ed è inevitabilmente difficile reperire risorse economiche per fare questo lavoro;
Un giornale può mantenersi con le pubblicità e con i ricavati delle vendite, una notizia su un blog è per tutti, gratis, e le pubblicità fruttano (spiccioli) solo se qualcuno le clicka...
Claudio è in difficoltà, e credo che sia giusto mobilitarsi per dargli una mano!
Oltre alla classica offerta con il quale si può contribuire diciamo "a fondo perduto", c'è anche la possibilità di comprare il cofanetto "Internet for Giuliani" (qui sotto il trailer): due DVD per un totale di 4 ore di approfondimento sulla vita e gli studi sui terremoti di Giampaolo Giuliani, e la vicenda dell'Aquila;
Abbiamo disperato bisogno di persone come lui, dobbiamo aiutarlo!!!
In questo post sono distribuiti tutti i link necessari sia per conoscere Byoblu, sia per dargli una mano, fatene buon uso!
Forza Claudio, non mollare...


Don Pino Puglisi

Padre Pino Puglisi, soprannominato 3P, era un uomo di chiesa, uno uomo che con la forza della fede seppe affrontare con coraggio i mali della sua terra e della sua gente!
Nato a Palermo il 15 Settembre del 1937, all'età di 16 anni Giuseppe intraprese il cammino che lo avrebbe portato a distinguersi per la sua dedizione, la sua voglia di fare ed il suo coraggio: entrò in seminario, dove prese i voti religiosi nel 1960;
Dal quel momento dedicò ogni giorno della sua vita agli altri, in particolar modo ai bambini.
Don Pino sapeva bene che i guai della Sicilia nascevano dalla presenza di un potere in grado di far emergere il lato peggiore delle persone, in grado anche di privare i giovani della loro infanzia per catapultarli nelle strade, di fomentare l'ignoranza per controllare le menti. Non poteva accettare di stare a guardare, voleva combattere quello che per lui non era altro che il Male, perchè sapeva che attraverso l'amore avrebbe potuto sconfiggerlo; Amore era la parola che più spesso Padre Puglisi utilizzava nelle sue omelie e nei suoi discorsi (ed è triste che oggi qualcuno la sfrutti per scopi molto diversi...);
La vera battaglia iniziò per Don Pino nel 1990, quando venne nominato parroco nel quartiere Brancaccio di Palermo, controllato da Cosanostra attraverso i terribili fratelli Graviano. Cominciò un lavoro di denuncia, nel tentativo di aprire le coscienze della gente a quei valori che fino ad allora erano rimasti sopiti sotto una fitta cortina di omertà... Ma a Giuseppe non bastavano le parole, egli sapeva bene che la lotta alla mafia doveva partire dalle fondamenta, da quei giovani, cioè, che costituivano la base, il futuro, della criminalità organizzata;
Fondò così nel 1993 il centro "Padre nostro" per la promozione umana e l'evangelizzazione.





Il centro, con il quale Don Pino Puglisi riuscì a togliere moltissimi giovani dalle strade, istruendoli ad una vita di amore e legalità, divenne una vera e propria spina nel fianco per la criminalità organizzata, che in un sol colpo si era vista portar via forze importanti per lo spaccio delle sostanze stupefacenti e contemporaneamente doveva assistere al rialzo del livello culturale della gente del quartiere, un livello che i boss avrebbero preferito mantener basso per poter imporre la loro legge, quella del più forte; 
Non passò nemmeno un anno dal giorno dell'inaugurazione quando il 15 Settembre (il giorno del suo compleanno) del 1993 un commando, capeggiato da Grigoli e Spatuzza su mandato dei fratelli Graviano, intercettò e uccise con un colpo di pistola alla nuca il povero Don Pino.
Accortosi dell'agguato, subito prima di essere freddato, Padre Puglisi sorrise a Grigoli e gli disse queste parole: "Me l'aspettavo". Forse è proprio a causa della dignità ed al coraggio dimostrati nel momento immediatamente antecedente alla sua morte da Don Pino che il killer, Salvatore Grigoli, avrebbe avuto poco tempo dopo una conversione spirituale, determinante nel convincerlo a collaborare con la giustizia.
Pochi sanno che proprio in riferimento a questo omicidio Vittorio Sgarbi si espresse contro Giancarlo Caselli e Leoluca Orlando accusandoli pubblicamente di essere rispettivamente mandante ed esecutore dell'omicidio. Si salvò dalla condanna definitiva per diffamazione solo grazie alla prescrizione; Per questo ad Agrigento Sgarbi è stato protagonista qualche anno fa di una contestazione ad opera di un grandissimo ragazzo, che oggi purtroppo non c'è più: Giuseppe Gatì;


Con quell' omicidio, il 15 Settembre 1993, venne spezzata una vita dedicata ai ragazzi ed ai meno fortunati, ma per fortuna non il ricordo di una grande persona, capace nel nome del Signore, di salvare molte giovani anime...
Ecco come 2 famosi artisti siciliani hanno dato vita, nel loro personalissimo modo, ad un bellissimo sketch alla sua memoria: