Beppe Montana


Nato ad Agrigento nel 1951, si trasferì ben presto a Catania dove crebbe e conseguì la laurea in Giurisprudenza, prima di vincere il concorso per entrare il Polizia ed essere spedito a Palermo;
Montana era stato prima destinato alla sezione investigativa, dove aveva conosciuto e lavorato con il commissario Ninni Cassarà, e dal giugno 1984 era andato a dirigere la sezione "catturandi", fino ad allora più che altro una sigla come tante, a corto di idee e - soprattutto - di risultati; anche ricoprendo tale incarico, aveva comunque mantenuto stretti rapporti personali e di collaborazione con Cassarà.
Con Montana l'attività della "catturandi" si era improvvisamente ravvivata, puntando senza troppi riguardi all'individuazione dei rifugi degli uomini d'onore da lungo tempo latitanti sul territorio di Palermo. Il funzionario aveva deciso, ad esempio, di innovare i sistemi di ricerca, sul presupposto che le indagini dovessero essere svolte con metodi che richiedevano una particolare specializzazione di singole squadre e - soprattutto - che dovessero essere svolte con impegno totale e concentrato nel tempo, piuttosto che occasionale e discontinuo. Egli aveva compreso che nessuno dei ricercati era lontano dal proprio quartiere, dai propri familiari, dalla propria cerchia di fidati uomini d'onore; così - anche oltre gli orari di lavoro e durante i giorni festivi - trascorreva intere giornate a setacciare le zone costiere nella zona di Porticello, Mongerbino, Santa Flavia, e l'entroterra di Bagheria e Termini Imerese, dove trovavano rifugio molti uomini d'onore ricercati dalla giustizia. Nemmeno la scarsezza dei mezzi messi a disposizione l'aveva fermato: Montana utilizzava i propri!
Quest'atteggiamento, questo modo di operare "fuori" da ogni canone della consuetudine burocratica degli uffici di Polizia, erano stati ritenuti pericolosi dall'organizzazione, non solo per la serietà con cui Montana conduceva la propria attività di ricerca, ma anche perchè egli spingeva tale sua attivismo proprio in una della zona che i latitanti fino a quel momento ritenevano un territorio di loro esclusivo dominio, sottratto alla sovranità dello Stato.



Beppe Montana venne ucciso una domenica, il 28 luglio 1985, sul molo di Porticello, borgo di pescatori alle porte di Palermo, in mezzo alla folla. La squadra mobile di Palermo guidata dal commissario capo e vicequestore Ninni Cassarà interrogò più di duecento testimoni e scoprì che i due killer a viso scoperto avevano abbandonato la moto proseguendo la fuga a bordo di una Peugeot 205 rossa immatricolata alla famiglia Marino di Sant’Erasmo, a Palermo: madre, padre e sette figli di cui uno risultò irreperibile. Durante la perquisizione della casa in data 30 luglio, i poliziotti trovarono invece dieci miloni di lire avvolti in un giornale dello stesso giorno, altri ventiquattro milioni dentro un armadio.
Chi era Salvatore Marino? – Di origini umili, si era fatto un nome quale bravo giocatore di calcio che militava nel Pro Bagheria, squadra alla quale nel maggio 1985 aveva fatto vincere la promozione in serie D. Accompagnato dal suo avvocato, il 31 luglio si presentò in questura spiegando che la sera del 28 si era trovato in piazza a Porticello, a mangiare il gelato insieme alla sua ragazza. Non seppe dare una spiegazione plausibile sul denaro trovato in casa sua, per cui si stabilì il fermo fino al mattino successivo.
I retroscena su quanto accadde quella notte in questura, non sono mai stati chiariti del tutto. Fatto sta che il giorno successivo la stampa parlò del ritrovamento di un cadavere, presumibilmente un immigrato annegato, sull’arenile di Sant’Erasmo. Soltanto il 2 agosto, a quel cadavere venne dato il nome di Salvatore Marino, torturato con botte ed un tubo attraverso il quale gli avevano pompato in bocca acqua salata. Interrogatorio in stile sudamericano quindi, dovuto a poliziotti che non avevano retto l’impatto dello stress in seguito alla perdita di Beppe Montana? La versione ufficiale fu quella.


Dalla sera della morte del suo collega e amico, Ninni Cassarà avrebbe avviato frenetiche indagini, senza nemmeno recarsi a casa, fino al pomeriggio tragico del 6 agosto 1985, data in cui anch'egli sarebbe stato barbaramente trucidato dagli squadroni della morte di Cosa Nostra.



Oltre ad essere un grande poliziotto, il suo soprannome era "Serpico", Montana era molto impegnato anche nel sociale: collaborava con Rocco Chinnici nell'educare i giovani, era stato l'ideatore ed il principale animatore del comitato in memoria di Calogero Zucchetto;


(wikipedia,unoenessuno.blogspot.com, tifeoweb.it, ecorav.it)

Giuseppe Montalto

Giuseppe Montalto era un agente della Polizia Penitenziaria.
Nato a Trapani il 14 Maggio del 1965, aveva prestato servizio per vari anni nel carcere "Le Vallette" di Torino; 
Nel 93 fu trasferito a Palermo, nella sezione di massima sicurezza (quella occupata dai boss mafiosi, per intenderci) del "Ucciardone".
Giuseppe Montalto fu ucciso il 23 Dicembre del 1995, di fronte a casa dei suoceri dove si stava recando per le festività natalizie. Lo spietato killer che lo freddò di fronte alla moglie in cinta ed alla figlia di 10 mesi fu identificato in Vito Mazzara, un ex campione di tiro a volo; 
La causa dell'omicidio fu la vendetta: Montalto infatti si era "macchiato" del torto di aver trovato e requisito un "pizzino" diretto ai boss incarcerati Mariano Agate, Raffaele Ganci e Giuseppe Graviano;


Onorificenze: Medaglia d'oro al valor civile


"Preposto al servizio di sorveglianza di esponenti del clan mafioso denominato "Cosa Nostra", nonché di criminali sottoposti al regime carcerario 41 bis, assolveva il proprio compito con fermezza, abnegazione e alto senso del dovere. Proditoriamente fatto segno a colpi d'arma da fuoco in un vile attentato tesogli con efferata ferocia da appartenenti all'organizzazione criminosa, sacrificava la vita a difesa dello Stato e delle istituzioni."

Una storia da raccontare!




Di nuovo un post fuori dal tema, ma ogni tanto fa bene spezzare un pò con qualche bella notizia...
E così spazio a questa news pescata da ANSA.it!



Percorso:ANSA.it

Clochard trova in strada 1.100 euro e li consegna a polizia

Agli agenti del commissariato di Ivrea ha consegnato il portafogli e poi ha fatto ritorno alla sua panchina

28 marzo, 21:19
Clochard trova in strada 1.100 euro e li consegna a polizia
Clochard trova in strada 1.100 euro e li consegna a polizia
Clochard trova in strada 1.100 euro e li consegna a polizia
TORINO - Trova un portafogli zeppo di banconote e lo consegna alla polizia. L'esempio di onestà arriva da un clochard di 60 anni, che non ha ceduto alla tentazione di fuggire alla sua vita tra una panchina e un marciapiede della stazione ferroviaria d'Ivrea, nel torinese. Nel portafogli c'erano infatti 1.100 euro in contanti, soldi che avrebbero potuto fare parecchio comodo ad un barbone come lui. L'uomo ha invece preferito comportarsi da buon cittadino.
Si è recato al commissariato di Ivrea e ha chiesto di parlare con gli agenti, a cui ha consegnato il portafogli, e poi ha fatto ritorno alla sua panchina. I poliziotti lo hanno rifocillato e gli hanno promesso che avrebbero rintracciato il proprietario del portafogli. Così è stato e ora per il clochard è in arrivo una bella ricompensa: l'uomo a cui è stato restituito il denaro ha infatti deciso di premiare la sua onestà.
Fa piacere constatare che si può ancora nutrire speranza per questo mondo!

Natale Mondo

Nato a Palermo il 21 Ottobre del 1952, Natale Mondo è stato un agente della Polizia di Stato; Si arruolò nel 72, ed ebbe modo di lavorare nelle Questure di Roma, Siracusa e Trapani prima di conoscere Ninni Cassarà, l'uomo che lo volle con sè a Palermo.
Tornato nella sua città Mondo fu integrato nella Squadra mobile diretta proprio da Cassarà di cui divenne autista ed allo stesso tempo braccio destro, partecipando con lui a numerose operazioni...
La sua storia è davvero paradossale! Uscì infatti miracolosamente illeso dall'agguato che il 6 Agosto 85 costò la vita a Cassarà ed all'agente di scorta Roberto Antiochia, e per questo dovette subire la peggiore beffa che può colpire un uomo che lotta contro la mafia: essere considerato una spia, un traditore...
Mondo infatti fu arrestato ed incarcerato sulla base delle dichiarazioni di un pentito con l'accusa di essere stato l'autore della "soffiata" sfruttata dal commando per organizzare l'attentato; 
Fu grazie all'intervento della vedova del commissario e di alcuni colleghi che Natale Mondo fu scagionato: testimoniarono  infatti che era stato lo stesso Cassarà ad affidargli il compito di infiltrarsi all'interno delle cosche mafiose del quartiere Arenella, nel quale era nato e risiedeva. 
Questa rivelazione servì a riabilitarlo, ma decretò allo stesso tempo la sua condanna a morte; la reazione di Cosa nostra infatti non si fece attendere,e tre killer (dei quali uno è rimasto ignoto) lo "freddarono" il 14 Gennaio 1988 proprio di fronte al negozio di giocattoli della moglie.
Due dei tre assassini, Salvino Madonia e Agostino Marino Mannoia, sono stati condannati all'ergastolo, mentre a Natale Mondo è stata conferita, postuma, per merito assoluto, la qualifica di Assistente Capo.

Vito Jevolella

Campano d'origine, nacque a Benevento il 4 Dicembre 1929, si arruolò a 19 anni nel corpo dei Carabinieri; dopo una decina d'anni passati a "farsi le ossa" in varie città del nord Italia chiese ed ottenne di essere trasferito in Sicilia, con il preciso di scopo di dare un contributo contro la criminalità organizzata. Passerà il resto della sua vita a Palermo, distinguendosi per le sue capacità investigative grazie alle quali riuscì a guadagnarsi gli appellativi di "segugio temuto dai boss" e "specialista dei casi più difficili";
E' tutt'oggi ritenuto uno dei pionieri della moderna investigazione antimafia, fece parte insieme a Giuliano Guazzelli e Giuseppe Russo (entrambi assassinati dalla mafia) di una speciale squadra che si occupava nello specifico di delitti di stampo mafioso; vanno menzionati soprattutto per aver lavorato in un clima di isolamento e di sostanziale incomprensione, in un momento storico in cui la mafia non era neppure riconosciuta come organizzazione criminale ed in cui non esistevano ancora gli strumenti legislativi e giudiziari che negli anni a venire consentiranno di infliggere dure sconfitte a Cosa nostra;
La firma sulla sua condanna a morte venne apposta (come accertato in via definitiva) da Tommaso Spadaro, probabilmente a causa di un importante indagine che il Maresciallo aveva svolto tra l'80 e l'81 e che si era conclusa con un esplosivo rapporto, "Savoca più quarantaquattro",  all'interno del quale erano individuate le responsabilità ed i loschi affari di personaggi di spicco della mafia dell'epoca, tra i quali proprio Spadaro.
Da quel giorno, a causa delle ripetute minacce gli venne affidata una scorta, revocata però proprio un mese prima dell'agguato, quando Ievolella venne ricoverato per un sospetto tumore allo stomaco, notizia per la quale,si dice, all'Ucciardone (il carcere di Palermo) vennero stappate bottiglie di spumante.
Alla dimissione dall'ospedale la revoca della scorta venne mantenuta,con la giustificazione che la situazione si era ormai tranquillizzata! 
Come troppo spesso accade lo Stato non fu in grado di tutelare un suo eroico cittadino, e così la sera del 10 Settembre 1981 Vito Ievolella venne ucciso con 6 colpi d'arma da fuoco mentre aspettava nella sua auto insieme alla moglie la figlia Lucia, impegnata al corso di scuola guida;  
Oggi Lucia è membro dell'associazione "parenti vittime di mafia", ed ha fondato l'associazione "Vito Ievolella"


Onorificenze: Medaglia D'oro al Valor Civile


"Addetto a nucleo operativo di Gruppo, pur consapevole dei pericoli cui si esponeva, si impegnava con infaticabile slancio ed assoluta dedizione al dovere in prolungate e difficili indagini - rese ancora più ardue dall'ambiente caratterizzato da tradizionale omertà - che portavano alla individuazione e all'arresto di numerosi e pericolosi aderenti ad organizzazioni mafiose. Proditoriamente fatto segno a colpi d'arma da fuoco in un vile agguato tesogli da quattro malfattori, immolava la vita ai più nobili ideali di giustizia e di grande eroismo"

Gli amici di Cavallerizzo

Esco per un attimo (o forse sarebbe meglio dire "per un post") fuori dal tema portante di questo blog per diffondere una bella notizia: il TAR ha dato ragione agli amici del comitato "Cavallerizzo Vive", che avevano fatto ricorso contro la costruzione della New Town di Bertolaso (leggi la sentenza)...
Immagino che per tutti coloro che non conoscono la situazione sia difficile capire di cosa stia parlando, per chi fosse interessato lascio l'indirizzo del blog del comitato nel quale potrete trovare tutte le informazioni sulla vicenda: http://home.cavallerizzovive.com/
Per i più pigri e per coloro che non hanno la pazienza di documentarsi lascio anche un video montato qualche mese fa in cui spiego a grandi linee cosa è successo in questa sperduta frazione cosentina...
In ogni caso mi premeva complimentarmi con tutti coloro che in questi anni hanno lottato per difendere i propri diritti, e soprattutto le proprie case, ingiustamente messe in "quarantena" da un'istituzione dimostratasi ultimamente poco trasparente! Almeno uno di loro segue questo blog, l'importante è che sappiano che non sono soli e che chi li segue manda il proprio affettuoso appoggio...
Speriamo che possano al più presto tornare nelle loro case, con questa sentenza un grosso passo avanti è stato fatto!
Ancora COMPLIMENTI, e non mollate!


Giuliano Guazzelli

Un altro grande investigatore italiano, morto ammazzato in maniera vigliacca dalla mafa: Giuliano Guazzelli!
Nato in provincia di Lucca il 6 Aprile 1933, intraprende la carriera militare nel Corpo dei Carabinieri; si trasferisce in Sicilia nel 1954, a Menfi dove risiederà per il resto della sua vita insieme alla moglie ed ai tre figli...
Lavora a Palermo, entra a far parte nel nucleo investigativo, una squadra di primissimo piano che si occupa di mafia con risultati importanti; ma la criminalità risponde a modo suo assassinandone i due maggiori esponenti: il colonnello Giuseppe Russo, ed il maresciallo Vito Jevolella...
Giuliano non si dà per vinto e si trasferisce a Trapani dove viene accolto con l'incendio della sua macchina! Guazzelli è soprannominato "il mastino", è un uomo coraggioso, tenace e caparbio, e non si lascia intimidire dalle ripetute minacce che gli vengono rivolte...
Ha un grande intuito, un forte spirito d'osservazione ed una incredibile memoria, ed è grazie a queste qualità ed a metodi d'indagine poco convenzionali (spesso si aggirava in borghese per le campagne siciliane per ascoltare "le voci" della gente comune) che diventa una grossa spina nel fianco per la criminalità organizzata! Per questo viene impiegato in indagini importanti, come quella sulla banca di Girgenti, o quella su Calogero Mannino (indagine che però, stando a quanto sostengono il figlio di Guazzelli ed alcuni pentiti, venne insabbiata) reo di aver partecipato al matrimonio del figlio del boss Gerlando Caruana!
Nel suo curriculum anche un incontro con il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa,che volle conoscerlo in virtù della sui successi contro la mafia; Giuliano infatti era stato in grado di convincere importanti figure mafiose a collaborare, tra questi Benedetta Bono (moglie del boss di Ribera) e Giuseppe Galvano (boss di Raffadali);
Gli ultimi anni della sua carriera li trascorre ad Agrigento, diventando uno dei maggiori esperti di Stidda; Anche qui viene costretto a subire un grave lutto: l'omicidio del collega Rosario Livatino, il "giudice ragazzino".
Nel 1992 è ormai giunto all'età pensionabile, ma decide di continuare la sua lotta contro la mafia, anche per vendicare la morte dell'amico... Ed è proprio il 4 Aprile di quell'anno terribile (poche settimane dopo salteranno in aria prima Falcone e poi Borsellino) che Guazzella viene sorpreso mentre, alla guida della sua Ritmo, si reca, come tutti i sabato pomeriggio, dalla sua famiglia a Menfi: un commando di 3 uomini lo superò con un Fiorino, dal quale lo freddarono a colpi di fucile e kalashnikov...
La sua morte fu un duro colpo per la lotta alla mafia, contemporaneamente gli Italiani persero un grande uomo, che ebbe il coraggio di non arrendersi mai, nonostante la perdita di tutti i suoi più vicini collaboratori!


Il suo ricordo 16 anni dopo la morte in questo servizio di Angelo Ruoppolo:





Onorificenze:

  • Medaglia d'oro al valor civile
«Sottufficiale di elevatissime qualità professionali, impegnato in delicate attività investigative in aree caratterizzate da alta incidenza del fenomeno mafioso, operava con eccezionale perizia, sereno sprezzo del pericolo ed incondizionata dedizione al dovere e alle Istituzioni, fornendo costanti e determinanti contributi alla lotta contro la criminalità organizzata fino al supremo sacrificio della vita, stroncata da proditorio ed efferato agguato criminale. Eccelso esempio di preclare virtù civiche ed altissimo senso del dovere»

  • Cavaliere Ordine al Merito della Repubblica Italiana

Boris Giuliano

Boris Giuliano è stato uno dei più grandi investigatori italiani... Caparbio, brillante, molto intuitivo e soprattutto innovativo nei metodi d'indagine, è stato una grossa spina nel fianco per l'allora crescente gruppo dei corleonesi!
Nato il 22 Ottobre 1930, fece una lunga ed onorata carriera nella Polizia di Stato, fino a diventare Capo della squadra mobile di Palermo, incarico che ricopriva quando fu ucciso, la mattina del 21 Luglio 1979;
Fu freddato in un bar, colpito vigliaccamente alle spalle da una raffica di pallottole sparate da Leoluca Bagarella in persona (cognato di Totò Riina, il suo uomo più fidato);
Aveva con se due pistole Giuliano, e sapeva usarle molto bene, per questo il mafioso codardo decise di attaccarlo senza dargli nessuna possibilità di difendersi...
Sapeva parlare l'Inglese molto bene, e questo gli consentì di intrattenere importanti rapporti di collaborazione con la DEA americana. Oltreoceano era considerato un mito, in molti studiavano i suoi metodi, sfruttavano le sue intuizioni,e fra questi Tom Tripodi, agente infiltrato nel mondo nel narcotraffico, la cui copertura saltò (si dice per una soffiata di Bruno Contrada) e che fù salvato proprio dalla scaltrezza di Boris Giuliano.
Fu grazie alla collaborazione con gli americani che Giuliano riuscì ad approfondire le sue indagini sul traffico internazionale di droga, arrivando a sequestrare una valigia piena di dollari all'aeroporto di Punta Raisi. Seguendo le tracce lasciate da questi soldi fu in grado di risalire fino ad una banca, la Cassa di Risparmio, il cui direttore finse collaborazione,ma che in realtà lo tradì rivelando le indagini al cugino Stefano Bontade;
Ma il suo lavoro non si limitava a questo! Era stato impegnato in ricerche su Michele Sindona, i suoi "inciuci" con la mafia e le banche, tanto che si dice abbia anche incontrato Giorgio Ambrosoli, poi ucciso proprio pochi giorni prima di lui; fra i suoi successi anche la scoperta del covo di Leoluca Bagarella, avvenuto pochi giorni prima del suo assassinio, episodio che probabilmente fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Aveva pestato i piedi a molta gente importante Boris Giuliano,e per assicurarsi che questo non accadesse più dopo la sua morte il suo posto fu affidato a Giuseppe Impallomeni, tessera P2 2213,già cacciato da Firenze e miracolosamente risalito nella graduatoria dei vicequestori aggiunti proprio pochi giorni prima della nomina; e questore diventa Giuseppe Nicolicchia, anche lui sospettato di essere fra gli iscritti di Licio Gelli...
Tornerò su queste vicende per approfondire tutti questi argomenti, chiudo con una frase di Borsellino, scritta nel rinvio a giudizio del maxi processo:
 “senza che ciò voglia suonare come critica ad alcuno, se altri organismi dello stato avessero assecondato l’intelligente opera investigativa di Boris Giuliano l’organizzazione criminale mafiosa non si sarebbe sviluppata sino a questo punto, e molti omicidi, compreso quello dello stesso Giuliano non sarebbero stati commessi”
Ed ora un piccolo ricordo di Boris Giuliano:

Carlo Alberto Dalla Chiesa

Scrivere un post riguardante Carlo Alberto Dalla Chiesa non è certo facile! 
Non è facile comprimerne in poche righe l'incredibile curriculum, ne tantomeno raccontare in uno spazio così piccolo tutte le sue imprese...
Non è facile affrontare la storia di questo indimenticato Generale senza tenere conto delle piccole-grandi ambiguità che ne hanno caratterizzato gli ultimi anni di vita: la scomparsa di parte dei memoriali di Moro, e la presunta iscrizione alla P2;
Non è facile affrontare un analisi di quei fatidici 100 giorni, di quella missione impossibile e di quelle strane circostanze che hanno destato in molti il forte sospetto che in realtà l'incarico di prefetto a Palermo sia stata una consapevole e deliberata condanna a morte...
E' evidente che ci sarà bisogno di molto di più che un singolo post per parlare di tutto ciò, ed è per questo motivo che ho deciso di limitare questa prima citazione ad una breve ma dovuta precisazione;
Ho letto e sentito tante cose su Dalla Chiesa, cose belle per la maggior parte,ma anche critiche decise arrivate addirittura da importanti membri delle istituzioni. Mi sento per questo in dovere di esprimere un opinione, che ritengo allo stesso tempo anche un evidente dato di fatto: ammesso e non concesso che qualche errore sia stato commesso, non si può ignorare quello che Carlo Alberto ha dato a questo paese! E non mi riferisco alle indagini, agli arresti o alla repressione della criminalità organizzata (sia essa mafia o terrorismo), ma all'esempio che questo grande uomo ha saputo dare a tutti noi... Può darsi che abbia ceduto a qualche attimo di debolezza, ma questo non può certo cancellare una vita di ligio servizio allo stato! Dalla Chiesa sapeva bene che a Palermo sarebbe stato un bersaglio facile (e lo si può percepire chiaramente dalle amare parole con cui ha chiuso la celebre intervista a Giorgio Bocca), sapeva bene di essere stato abbandonato dalle istituzioni, e che avendo gettato il guanto di sfida (mi riferisco alle accuse alla DC siciliana) la sua condanna a morte era già stata firmata... Ma nonostante tutto non ha mollato, è rimasto a Palermo, ha provato a lottare sfruttando i miseri poteri che gli erano stati conferiti...
Ha perso la vita perchè non ha voluto piegarsi al potere mafioso! Ha perso la vita perchè sapeva che abbandonare la battaglia sarebbe stato un duro colpo per quella parte di Italia che Cosanostra la voleva combattere! 
Ed è per questo che considero Carlo Alberto Dalla Chiesa un grande eroe italiano...

Giuseppe Gatì, un eroe dei nostri giorni...

Ho appena scoperto con mio grandissimo dispiacere e con colpevole ritardo della morte di questo coraggioso ragazzo...
L'avevo "conosciuto" proprio qualche giorno fa grazie ad un video di youtube (quello che potete vedere qui sotto), e mi era subito piaciuto! Essendo in balia di mille cose da fare mi ero ripromesso di dedicarmi ad un approfondimento il prima possibile, fino a che oggi non rivedo la faccia di questo ragazzo in un bellissimo video postato in un altro blog simile a questo (Gli uomini passano,le idee restano)... E così mi metto a cercare informazioni e scopro che purtroppo Giuseppe Gatì non c'è più, scomparso a causa di un incidente sul lavoro poco più di un anno fa! Mi dispiace molto...
Giuseppe era ancora un ragazzo, ma aveva dimostrato grandi valori, e soprattutto grande coraggio... Amava la sua terra, e lottava con i mezzi che aveva a disposizione per difenderla dalla piaga della criminalità organizzata!
Tornerò con altri post a raccontare in maniera più approfondita la storia di questo giovane siciliano, per il momento vi lascio al video che mi ha permesso di "conoscere" (virgolettato perchè purtroppo non ho mai conosciuto fisicamente Giuseppe) questo eroe dei nostri giorni; Si tratta del filmato della contestazione a vittorio (scritto volontariamente con le iniziali minuscole) sgarbi, il quale ha più volte insultato Gian Carlo Caselli definendolo "verme infetto", e mandante morale dell'omicidio di Don Pino Puglisi; Credo che in una terra collusa ed omertosa gridare pubblicamente e davanti alle telecamere "W Caselli, W il Pool antimafia" sia un gesto estremamente coraggioso... 

Rocco Chinnici



Rocco Chinnici (Misilmeri, 19 Gennaio 1925 – Palermo, 29 Luglio 1983) è stato un magistrato, assassinato dalla mafia.
Dopo la maturità conseguita nel 1943 presso il Liceo Classico "Umberto" a Palermo, si è iscritto alla Facoltà di Giurisprudenza di Palermo, si è laureato nel 1947.
È entrato in Magistratura nel '52 con destinazione al Tribunale di Trapani. Poi è stato pretore a Partanna per dodici anni, dal 1954. Nel maggio del '66 è stato trasferito a Palermo, presso l'Ufficio Istruzione del Tribunale, come giudice istruttore.
Nel novembre 1979, già magistrato di Cassazione, è stato promosso Consigliere Istruttore presso il Tribunale di Palermo.
«Un mio orgoglio particolare» - ha rivelato Chinnici - «è una dichiarazione degli americani secondo cui l'Ufficio Istruzione di Palermo è un centro pilota della lotta antimafia, un esempio per le altre Magistrature d'Italia. I Magistrati dell'Ufficio Istruzione sono un gruppo compatto, attivo e battagliero». Il primo grande processo alla mafia, il cosiddetto "Maxi Processo", è il risultato del lavoro istruttorio svolto da Chinnici, tra l'altro considerato il padre del Pool antimafia, che compose chiamando accanto a sé magistrati come Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e Giuseppe Di Lello.
Chinnici partecipò, quale relatore, a molti congressi e convegni giuridici e socio-culturali e credeva nel coinvolgimento dei giovani nella lotta contro la mafia. È stato il primo magistrato a recarsi nelle scuole per parlare agli studenti della mafia e dei pericoli della droga.
«Parlare ai giovani, alla gente, raccontare chi sono e come si arricchiscono i mafiosi» - diceva - «fa parte dei doveri di un giudice. Senza una nuova coscienza, noi, da soli, non ce la faremo mai».
In una delle sue ultime interviste, Chinnici ha detto:
«La cosa peggiore che possa accadere è essere ucciso. Io non ho paura della morte e, anche se cammino con la scorta, so benissimo che possono colpirmi in ogni momento. Spero che, se dovesse accadere, non succeda nulla agli uomini della mia scorta. Per un Magistrato come me è normale considerarsi nel mirino delle cosche mafiose. Ma questo non impedisce né a me né agli altri giudici di continuare a lavorare».
A lui è unanimemente riconosciuta l'intuizione,avvenuta molto prima delle dichiarazioni di Buscetta, di dover affrontare la mafia come un'organizzazione unita e strutturata, e fu proprio da questa stessa intuizione che nacque l'idea del Pool, un gruppo di magistrati specializzati e connessi tra loro in grado di lavorare a pieno regime contro la criminalità organizzata;
Rocco Chinnici è stato ucciso il 29 Luglio 82 con una Fiat 127 imbottita di esplosivo davanti alla sua abitazione in via Pipitone Federico a Palermo, all'età di cinquantotto anni. Ad azionare il detonatore che provocò l'esplosione fu il killer mafioso Pino Greco. Accanto al suo corpo giacevano altre tre vittime raggiunte in pieno dall'esplosione: il maresciallo dei carabinieri Mario Trapassi, l'appuntato Salvatore Bartolotta, componenti della scorta del magistrato, e il portiere dello stabile di via Pipitone Federico Stefano Li Sacchi.
In suo onore dal 1985 è stato istituito il Premio Rocco Chinnici. Tra i vincitori:Giuseppe Tornatore,Marco Travaglio e tanti altri.
Onorificenze: Medaglia d'oro al valor civile
«Magistrato tenacemente impegnato nella lotta contro la criminalità organizzata, consapevole dei rischi cui andava incontro quale Capo dell'Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, dedicava ogni sua energia a respingere con rigorosa coerenza la sfida sempre più minacciosa lanciata dalle organizzazioni mafiose allo Stato democratico. Barbaramente trucidato In un proditorio agguato, tesogli con efferata ferocia, sacrificava la sua vita al servizio della giustizia, dello Stato e delle istituzioni»
Di seguito il link ad un articolo scritto da Paolo Borsellino nel quale con molto affetto ricorda l'amico-magistrato: clicka qui! 
Ed infine ecco un filamato in cui Rocco Chinnici viene ricordato da Umberto Santino, del centro siciliano di documentazione "Peppino Impastato":


Roberto Antiochia



Roberto Antiochia (Terni 7 Giugno 1962  Palermo, 6 Agosto 1985) è stato un agente della Polizia di Stato.
Arruolatosi 18 anni, dopo il corso di formazione venne assegnato dapprima alla Questura di Torino, poi alla Criminalpol di Roma ed infine alla Squadra Mobile di Palermo. A Palermo collabora con il dottor Peppe Montana, Capo della Sezione Catturandi, e con il dottor Ninni Cassarà, Capo della sezione investigativa; funzionari ai quali era legato da sincera amicizia.
A luglio del 1985,  poco prima dell’omicidio del dottor Montana, Roberto Antiochia viene trasferito a Roma ma appresa la notizia dell’agguato mortale al dottor Montana, avvenuto sulla banchina di Porticello il 29 luglio, Roberto, che in quel momento si trovava in ferie, decide di ritornare a Palermo, aggregato alla squadra Mobile, per concorrere nelle indagini sull’omicidio del funzionario e per essere vicino al dottor Cassarà, considerato oramai prossimo obiettivo della mafia. Durerà poco questo suo impegno di amore straordinario, perché una settimana dopo l’omicidio Montana, alle 15.20 del 6 agosto 1985, a Palermo, in via Croce Rossa 81, un commando di circa 10 uomini armati di kalashnicov già organizzato e appostato, uccide Cassarà ed Antiochia ferendo altri due agenti. Roberto Antiochia muore subito  perché con il suo corpo ha cercato di proteggere il suo commissario dai colpi di Kalashnikov sparati dai Killer della mafia. Avrebbe dovuto sposarsi pochi mesi dopo.
Nel 1997 alla sua memoria venne intitolata la nuova sede del Commissariato di Orvieto e successivamente la via della nuova Questura. Alle due cerimonie partecipò la mamma di Roberto, la signora Saveria, scomparsa nel 2001, che per anni è stata una delle donne che a Palermo e in Sicilia hanno portato avanti l' impegno antimafia e numerose battaglie per la legalità , con grande dignità e forza d' animo, impegnandosi strenuamente nella denuncia e nell' impegno contro la mafia e per la libertà della Sicilia. Da allora, la signora Saveria ha investito ogni minuto del suo tempo e ogni energia scaturita dalla sua indignazione per ricordare a tutti il valore civile della memoria e l’irrinunciabilità della giustizia.  I mandanti e gli esecutori materiali dei due omicidi, tutti appartenenti a Cosa Nostra,  sono stati individuati e condannati da tempo all’ergastolo.

«Agente della Polizia di Stato, in servizio a Roma, mentre era in ferie, spontaneamente partecipava in Palermo alle delicate e difficili indagini sull'omicidio di un funzionario di polizia, con il quale aveva in passato collaborato, consapevole del pericolo cui si esponeva nella lotta contro la feroce organizzazione mafiosa. Nel corso di un servizio di scorta, rimaneva vittima di proditorio agguato ad opera di spietati assassini. Esempio di attaccamento al dovere spinto all'estremo sacrificio della vita.»

Di seguito il link ad un intervento di Rita Borsellino che parla di Roberto e della mamma Saveria: clicka qui!

Ninni Cassarà



Antonino Cassarà, detto Ninni (Palermo, 1948  Palermo, 6 Agosto 1985), è stato un agente di Polizia, vittima della mafia.
Fu un Vice Questore aggiunto della PS in forza presso la questura di Palermo e il vice dirigente della squadra mobile. Fu ucciso nel 1985, all'età di 37 anni.

Ninni iniziò la sua vita al servizio dello Stato molto giovane, entrando nella Polizia e rinunciando alla carriera da magistrato. Era un uomo, lui, che amava l'azione, mettersi in gioco subito, era un tantino impulsivo, ma molto bravo e professionale. Prestò inizialmente servizio a Reggio Calabria, per essere poi trasferito a Trapani.
Nel 1980 approdò a Palermo e fu assegnato alla Squadra Mobile. E' qui che inizia la sua lotta contro il nemico, al fianco del commissario Giuseppe Montana e degli uomini del pool antimafia del Palazzaccio, in particolare di Giovanni Falcone, un amico che ha riservato a lui parole molto bello negli anni seguenti alla sua morte.
Ninni aveva un'autentica passione per il suo lavoro, nel 1982 redasse personalmente il rapporto detto dei “162”, dal numero dei mafiosi che componevano l'elenco, ed era convinto che per sconfiggere davvero il fenomeno mafioso, le istituzioni dovevano impegnarsi nell'educazione alla legalità, soprattutto per le nuove generazioni e, a questo proposito, amava andare nelle scuole a parlare con i ragazzi, per indicare loro la giusta via, per allontanarli dalla corruzione e dal malaffare e dal mito mafioso.
Nell'82 andava in giro per Palermo insieme all'agente Calogero Zucchetto per indagare sui clan di Cosa nostra. In quest’ occasione riconobbero i due killer latitanti Pino Greco e Mario Prestifilippo ma non riuscirono ad arrestarli perché scapparono. Tra le numerose operazioni cui prese parte, molte delle quali insieme al commissario Giuseppe Montana, la nota operazione "Pizza Connection", in collaborazione con forze di polizia degli Stati Uniti, ed in particolare con il futuro sindaco di New York Rudolph Giuliani.Era sposato e padre di tre figli.
Il 6 Agosto 1985, rientrando dalla questura nella sua abitazione a via Croce Rossa (al civico 41) a Palermo a bordo di un'Alfetta e scortato da 2 agenti, scese dall'auto per arrivare al portone della sua abitazione quando un gruppo di nove uomini armati di fucile AK-47, appostati sulle finestre e sui piani dell'edificio in costruzione di fronte alla sua palazzina (al civico 77), sparò sull'auto. L'agente Roberto Antiochia, che era uscito dall'auto per aprire lo sportello a Cassarà, venne violentemente colpito dagli spari e morì, e Natale Mondo restò illeso (ma sarebbe stato ucciso anch'egli il 14 Gennaio 1988). Cassarà spirò sulle scale di casa tra le braccia della moglie Laura, accorsa in lacrime dopo aver visto l'accaduto insieme alla figlia dal balcone della sua abitazione.
Il 17 Febbraio 1995, la terza sezione della Corte D'Assise di Palermo ha condannato all'ergastolo cinque componenti della Cupola mafiosa (Totò Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco, Bernardo Brusca e Francesco Madonia) come mandanti del delitto.
Poco prima di morire aveva concentrato le sue indagini su alcuni nomi di “intoccabili” di Palermo, ed aveva inoltre parlato con sempre più insistenza dei suoi sospetti che all’interno della Questura ci fosse una o addirittura più talpe; Riprenderò più avanti questi ultimi aspetti, ora vi lascio ad un bellissimo video montato dagli alunni dell’istituto IPSIA di Palermo!

Onorificenze: Medaglia d’oro al valor civile

«Con la piena consapevolezza dei pericoli cui si esponeva, nella lotta contro la feroce organizzazione mafiosa, ispirava, conduceva e sviluppava in prima persona e con eccezionale capacità investigativa una serie di delicate operazioni di polizia giudiziaria che portavano all'identificazione e all'arresto di numerosi fuorilegge. In un proditorio agguato teso davanti alla propria abitazione, veniva colpito da assassini armati di fucili mitragliatori, trovando tragica morte. Alto esempio di attaccamento al dovere spinto fino all'estremo sacrificio della vita.»

                                                                      

(wikipedia, unavitacontrolamafia.blogspot.it)